Diceva Don Verzè, in un intervista, per spiegare il suo spirito come imprenditore “io vado avanti e vedo se la divina provvidenza mi segue”. Ma, dall'inchiestadi Report di Alberto Nerazzini, che per spiegare le ragioni del buco della fondazione S Raffaele è andato perfino nelle fazendas brasiliane del Don, sembrerebbe che la provvidenza che ha aiutato la fondazione sia stata molto più terrena. Le amicizie coi politici: da Andreotti e Craxi, che hanno finanziato con soldi nostri l'opera di cooperazione in Brasile negli anni 80, a Berlusconi conosciuto a fine anni 60. Quando il primo stava mettendo le basi per l'ospedale S Raffaele e il secondo, grazie ai soldi di un fiduciaria Svizzera, stava costruendo Milano 2.
E non credo che sia stata la provvidenza a spostare le rotte degli aerei da Linate, che davano fastidio alle case di Milano2.
La fondazione ha ricevuto in questi anni finanziamenti per la sua ricerca, rimborsi per le prestazioni sanitarie, premi da parte della Regione. Tra il 2005 e il 2011 si parla di 3,5 miliardi. Come si è arrivati al buco da 1,5 miliardi? Sono a rischio i creditori dell'azienda, che hanno continuato a rifornirla anche quando i conti non andavano bene (ma essendo una fondazione, non ha obbligo di bilanci), i ricercatori, il centro di eccellenza.
Nata come fondazione senza scopo di lucro, il suo organigramma ricorda invece (per tutta la ramificazione delle altre aziende partecipate) una holding privata a fini di lucro. Dal bilancio, che alla fine Nerazzini è riuscito a vedere e che si è fatto “leggere” dal commercialista Gaetano Bellavia, si nota come prima cosa il margine basso, dagli incassi tolte le spese. Era una struttura destinata a perdere, se avesse reso pubblici i dati. Ma nessuno ha visto niente, nemmeno i commercialisti che avrebbero controllato le altre società del gruppo.
Nerazzini ne ha chiesto conto all'ex direttore generale Renato Botti: che a telecamere spente
RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE Su questo le dico il “Botti-pensiero”: è che qui il disastro non sono tanto le mazzette, cioè pure le mazzette stanno venendo fuori e sono orribili, ma il disastro… ALBERTO NERAZZINI Ci sono le mazzette, ovviamente. RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE Sì, sì ci sono le mazzette, no, non sto…! Ma, voglio dire, il disastro… ALBERTO NERAZZINI E lei non le aveva mai viste le mazzette… RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE No! Eh, lo so, cosa vuole che le dica… ALBERTO NERAZZINI L’odore lo sentiva! RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE Qui il disastro non è generato dalle mazzette, il disastro è generato da decine, centinaia di milioni di euro investite in investimenti che secondo me non andavano fatti. Questo è un posto che se pulito da queste cazzate, questo è un posto che sta in piedi ed è sano. ALBERTO NERAZZINI Questo è quello che penso io. RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE E’ la mia discussione tra me e Cal! Dico: “Mario, questo è un posto sano. Qui il problema non è la gestione, ma il problema è altrove…” ALBERTO NERAZZINI Cioè, sei tu Cal… RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE Esatto tu e don Luigi. Lui cosa fa a 90 anni, vuole il settimo piano, non si accontenta del sesto che è già una reggia... ALBERTO NERAZZINI Che è quello che ho intravisto io… RENATO BOTTI – EX DIRETTORE GENERALE SAN RAFFAELE Ma vuole il settimo, spende dai 4 ai 5 milioni di euro su un immobile che non è nostro, dico nostro, non è del San Raffaele, ma è dell’Inail. Quindi l’Inail gli dice: “vuoi fare una miglioria? Cazzi tuoi io non ti riconosco un euro”. Quindi lui – questo per dire la megalomania - investe 4 o 5 milioni per il suo ufficio, la sua palma che non serve a nessuno.
Botti da la colpa all'ex vicepresidente Mario Cal, suicidatosi quando scoppiò il caso, una persone nelle mani del vero capo, il Don. Era lui il puparo di tutto, che ha autorizzato tutte le spese pazze, come anche l'ufficio al settimo piano (con le gabbie per i pappagalli) e la cupola col santo (200 ml).
E anche il jet privato, per non fare la fila al check in (perchè quando devi fare del bene, non puoi mica aspettare). Nerazzini ha cercato di ricostruire la storia di come è stato comprato questo aereo: è un complicato, perchè questo è transitato per una società in Nuova Zelanda (a Kakahi, in mano ad una certa signora Gee), per finire in una società Svizzera. E tra un acquisto e l'altro, sono registrate delle perdite milionarie che il S Raffaele ha registrato nei bilanci come se niente fosse.
Dietro l'acquisto dell'aereo ci sarebbe Piero Daccò, il tramite del S Raffaele con la politica; una persona amica di Formigoni e legata a CL (assieme hanno volato sull'aereo di Don Verzè).
Un aereo che ha viaggiato, tra l'altro, tanto, non è stato mai fermo. E il cui piano di volo, qualche volta, ha anche degli strani buchi. Sparisce dai registri aeronautici: per esempio da e per Baku, la capitale dell'Azerbaigian del presidente Aliyev, gran amico del don. Come era anche amico di Pio Pompa (del Sismi), a cui don Verzè pagava laute consulenze.
Gli investimenti in Brasile.
In Brasile il S Raffaele è andato per guarire le malattie: lì la struttura ha in gestione nello stato di Bahia diverse cliniche, per fini filantropici (ovvero doveva essere ospedali per i poveri, aperti al pubblico almeno al 60%). Grazie a questo in Brasile non hanno pagato le tasse, sebbene poi si scopra che senza polizza assicurativa privata non si vada avanti nell'ospedale di Salvador de Bahia. Per questo hanno dovuto creare una sua succursale per i poveri.Un giudice della Corte dei Conti ha stabilito anche che l'appalto per la gestione dell'ospedale pubblico di Porto Seguro non sarebbe regolare.
Ma oltre agli ospedali ci sono le
fazendas, più a nord, nello stato del Pernambuco.
Qui Nerazzini
ha incontrato Luigi Gaziera (il figlio Andrea è stato direttore
della struttura sanitaria di Bahia), amico e socio di don Verzè: qui
hanno costruito diverse strutture, come produrre la famosa uva senza
semi (con la VDS Export). Soci di questa attività sono stati Gaziera, Cal, Cusin e
Zammarchi.
Quest'ultimo in particolare, ci avrebbe messo 6
milioni di dollari (dice così Gaziera), per poi ritirarsi dalla VDS
Export.
Oggi VDS la finanziamo noi, tramite la Simest, società
controllata dal ministero dello Sviluppo, che ha preso 2,5 milioni di
euro grazie ad una delibera di Scajola.
Perchè lo sviluppo degli
amici, all'estero, è importante.
Ma oltre alle fattorie, in
Brasile hanno costruito anche ville holliwoodiane (come quella sul
fiume S Francisco) con piscine e belle donne in bikini (sempre
raccontato).
Zammarchi è il costruttore delle opere edilizie del
S Raffaele, anche lui sotto inchiesta, per il sistema di
sovrafatturazioni che avrebbe creato. Sistema che lui stesso però
smentisce quando è stato intervistato dal giornalista di Report.
No, in questa vicenda, di divino c'è
veramente poco. E ora a pagare per tutte le spese pazze, le mazzette
(se dovessero essere verificate), le fazendas, il jet, potrebbero
essere i lavoratori dell'ospedale, che non hanno alcuna colpa.
L'inchiesta ha parlato anche della villa dei Sigilli in Sardegna (con molti abusi), della struttura sanitaria in Puglia autorizzata da Vendola, e dell'amicizie di don Verzè con Pollari e Pio Pompa:
MILENA GABANELLI IN STUDIO
A Taranto la regione invece di investire negli ospedali pubblici che già ha, decide di finanziarne uno di sana pianta gestito da don Verzè. Poi ci sono già le delibere, ma poi l’aureola del prete si offusca e come se ne esce? Tutto fermo perché si scopre, su quei terreni ancora non si può costruire. Ad Olbia era andata diversamente, il pubblico da solo non ce la fa, don Verzè dice ci penso io a portarti qui un San Raffaele, tu dammi le convenzioni. Ci sono voluti 20 anni a convincere la regione, alla fine le garanzie arrivano: don Verzè comincia a costruire prima la sua villa con piscina in parte abusiva, e poi parte con l’ospedale, mancano solo le rifiniture e arriva il crac. Oggi il San Raffaele è gestito dallo Ior che dice: quell’ospedale lì non so se m’ interessa più tanto. A costruire, sempre il fedele Zammarchi, che si affida alle imprese locali, che anticipano tutto lui non le paga e adesso chi s’è visto s’è visto. Il crac però serve anche a sollevare il velo sulle radici di quella malattia che gli hanno consentito di innalzare la cupola più grande San Pietro. Proprio a Roma, costruisce, tesse una rete di relazioni e protezioni veramente insolite per un prete. Documenti lo legano a Pollari, ex capo del Sismi e al suo braccio destro Pio Pompa.
[..]
MILENA GABANELLI - IN STUDIO
IL generale Pollari, invitato a fornire la sua versione, non ci ha risposto. Oggi Pollari e
Pio Pompa sono indagati per aver utilizzato denaro pubblico per fini privati, come il
dossieraggio. Ma cosa c’entra un prete che fa sanità con i servizi segreti militari?
Sappiamo che da una parte la Fondazione ha una galassia di società opache sparse un
po’ ovunque da Gerusalemme al Brasile, dall’altra il Sismi farà il suo mestiere.
E poi,
l’amicizia che aiuta le coincidenze di interesse. Come quella interessante villa con
parco e piscina acquistata da Pollari da Don Verzè per 500.000 euro, un po’ poco
rispetto ai prezzo di mercato. Di fianco, ci sono altri due immobili, sempre della
Fondazione, uno diventa un ufficio del Sismi. Quei due immobili due anni fa sono stati
acquistati dagli istituti fisioterapici per 10 milioni di euro. Forse un po’ tanto rispetto ai
prezzi di mercato, ma il finanziamento era stato autorizzato dal Ministero della Salute,
allora diretto da Ferruccio Fazio, ex dipendente del San Raffaele.
Bene, alla fine resta
un don Verzè che rivendica la correttezza di ogni sua azione, tutto quello che è stato
fatto è opera mia, dice, e si paragona a Gesù Cristo in croce. Da credente, penso che
forse magari Gesù Cristo non è tanto contento. E poi c’è una lettera, scritta da chi ha
ambizioni più terrene, e quell’ospedale lo ha reso famoso stando in corsia o in sala
operatoria. La lettera dice: “Noi medici del San Raffaele, nonostante le difficoltà
quotidiane, proseguiamo nell’attività di assistenza, ricerca e didattica, secondo lo
spirito che da sempre ci unisce e contraddistingue. .Per i nostri pazienti e per quelli
che incontreremo in futuro, siamo unicamente medici, con l’obiettivo di dedicarci al
malato al meglio delle nostre possibilità”.