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Reportage: lungo il corso del Gange, alle fonti della spiritualità hindu

Creato il 09 luglio 2011 da Milleorienti

Reportage: lungo il corso del Gange, alle fonti della spiritualità hinduEcco il mio reportage sul Gange pubblicato sul numero di luglio/agosto del mensile Yoga Journal. Buona lettura!

Circondato dagli altissimi monti e dai ghiacciai dell’Himalaya, il brahmano è incurante del freddo. Coperto solo dalla tela del dhoti, ha il torace nudo, attraversato da un filo di cotone bianco che è il simbolo della sua appartenenza alla casta sacerdotale. Immersi i piedi nudi in un torrente, si china  e riempie d’acqua una brocca di metallo. Poi, con grandissimo rispetto, ne beve un sorso  e versa molto lentamente il resto dell’acqua nel torrentello. Quindi comincia a recitare i sacri versi che il poema Ramayana dedica alla dea Ganga, il più sacro di tutti i fiumi dell’India, da noi noto con il nome di Gange.

La dea Ganga

Così inizia la giornata di preghiera di questo asceta, che come altri pellegrini-trekker ha fatto centinaia di chilometri a piedi per giungere fino a qui, a Gaumukh, “Bocca della Vacca”, come si chiama questo luogo nello stato settentrionale dell’Uttarkhand, dove nasce, in mezzo alle montagne himalayane, il Gange. Perché quel torrentello che scorre vicino al ghiacciaio Gangotri è appunto la sorgente del Gange, che più a valle diventa un fiume enorme: lungo 2500 kilometri attraversa tutta l’India settentrionale per gettarsi poi nel Golfo del Bengala formando un delta di 300 kilometri che arriva fino al Bangla Desh.

Viaggiare lungo il corso del Gange, fermandosi nelle città sacre – da Allahabad a Benares – che sorgono sulle sue rive, è un ottimo modo per scoprire la spiritualità e le tradizioni più antiche dell’India. Sono centinaia, infatti, i gesti che la tradizione hindu ha insegnato ai suoi devoti per onorare Ganga. Femminile come quasi tutti i fiumi dell’India, Ganga è una dea fra le più venerate, e il gesto compiuto dal brahmano – berne l’acqua e poi versare il resto nel fiume – si spiega con un mito contenuto nei due grandi poemi epici indiani, il Ramayana e il Mahabharata.

Narra la mitologia hindu che all’inizio dei tempi Ganga era un fiume celeste: non scorreva sulla Terra ma nel mondo degli Dei. Secondo una versione del mito, il dio Vishnu misurò con tre passi il cosmo – che aveva la forma di un uovo – ma perforò con l’alluce del piede la volta celeste. Da quel buco allora l’immenso fiume cominciò a precipitare verso il nostro pianeta, ma fu subito evidente che la Terra non avrebbe retto l’impatto spaventoso di quella immensa massa d’acqua. Perciò il dio Shiva, per smorzarne la forza d’urto, decise di ricevere il fiume sulla propria testa, nei capelli raccolti, prima di lasciarlo cadere sulla Terra. E così facendo la salvò.

Reportage: lungo il corso del Gange, alle fonti della spiritualità hindu

Il dio Shiva

Per questa ragione, quando osservate una raffigurazione di Shiva, noterete che sopra i suoi capelli raccolti c’è una striscia bianca o azzurra: è Ganga che cade dal cielo. Ed è questo il significato del gesto del bramano: versando l’acqua dalla brocca rievoca la discesa del fiume sulla Terra, e bevendone un sorso purifica se stesso, perché l’acqua di questo fiume è la più pura di tutte, essendo di origine celeste. E alla sorgente di Gaumukh – per fortuna del nostro brahmano – l’acqua è pura davvero. Il che non si può dire di altri tratti del Gange.

Poco importa però, ai devoti hindu, che altrove, più a valle, l’acqua del fiume sia inquinata. Essa raccoglie infatti – oltre agli scarichi di alcune città – le ceneri e i resti di migliaia di cadaveri che vengono bruciati su grandi pire di legno in riva al fiume, fra canti e preghiere dei parenti che invocano per il defunto una buona reincarnazione. Si vedono abbastanza spesso queste scene, attraversando i villaggi lungo il corso del fiume, e si vedono soprattutto nella città più famosa fra quelle che sorgono sulle rive del Gange: Varanasi.

Ci vuole rispetto, quando si pronuncia questo nome: Varanasi. Un tempo nota come Benares, e prima ancora chiamata Kashi, questa è la più antica città vivente del mondo: è abitata senza interruzioni da quattromila anni! Ed è anche la città più santa per gli hindu, meta imprescindibile sia dei mistici sia dei viaggiatori curiosi di conoscere il volto più antico dell’India. Ricchissima di cultura, Varanasi è infatti un museo dell’induismo a cielo aperto: nei suoi ashram vissero filosofi come Shankara, teologi come Ramanuja, grammatici sanscriti come Panini, poeti come Tulsi Das. E la santità di questa città è strettamente legata al fiume che la bagna. Perché secondo la tradizione hindu morire a Benares e spargere le ceneri del defunto nella Ganga gli assicura la rinascita migliore possibile.

La purezza del sacro fiume è per gli hindu una qualità spirituale, non bio-chimica: la dea Ganga purifica i vivi che compiono in essa un bagno rituale e offre ai morti il viatico di una buona reincarnazione. Perciò a Varanasi si vedono tanti devoti che fanno abluzioni nella Ganga e si fermano poi a pregare sui ghat, le scalinate a gradoni che collegano il fiume ai templi sulla riva.

Varanasi è un centro di attrazione irresistibile, ma non fate l’errore di pensare che il Gange vada ammirato solo qui. Per capire il fascino del grande fiume bisogna discenderne il corso, almeno per un tratto, sui grandi barconi a vela che usano gli indiani, e fermarsi nelle località minori, in quei villaggi di campagna dove la vita sociale e religiosa degli hindu è strettamente legata al culto di Ganga.  Se vedrete un grande tendone con una folla che circonda una donna vestita con un sari rosso, fermatevi: quello è un matrimonio, il rosso è il colore delle spose indiane, e ai due sposi viene offerta, come dono beneaugurante, l’acqua della Ganga. In villaggi come Sitamarthi, Virojpur, Vindhyanchal, Mirzapur, la vita della gente è scandita dal ritmo del lento fiume. Fermatevi e potrete vedere riti affascinanti: aspergere l’acqua della Ganga su un linga di pietra di Shiva (simbolo fallico del principio cosmico maschile) o partecipare alla cerimonia dell’upanayana, l’iniziazione alla maggiore età dei ragazzi, che bevono un sorso dell’acqua sacra per suggellare l’ingresso nella comunità.

Reportage: lungo il corso del Gange, alle fonti della spiritualità hindu

Ma la scoperta dell’universo che vive attorno al fiume più sacro dell’India non sarebbe completa senza una visita all’altra grande città dell’induismo: Allahabad, che gli hindu più devoti chiamano ancora con l’antico nome di Prayaga. E’ qui che si tiene, ogni dodici anni, il più grande raduno religioso del mondo, il Khumba Mela, cui partecipano fino a 100 milioni di persone. Asceti e religiosi hindu di tutte le scuole e tradizioni vengono qui per immergersi nelle acque della Ganga e ricevere la benedizione della Dea, fermandosi a meditare su quelle stesse rive dove furono sparse, nel 1948, le ceneri del Mahatma Gandhi.

Reportage: lungo il corso del Gange, alle fonti della spiritualità hindu
Allahabad, luogo di confluenza fra la Ganga, la Yamuna e il “fiume esoterico”, la Sabarmati invisibile ad occhio umano, è anche un posto imprescindibile per ogni amante dello yoga. Alle riunioni degli asceti si evidenziano infatti i legami fra la Ganga, lo yoga e questo luogo: la tradizione Hatha Yoga attribuisce i nomi di Ganga e Yamuna ai fluidi che scorrono nei due principali canali del nostro corpo “sottile”, ida e pingala, ed è perciò che le Dee Ganga e Yamuna vengono rappresentate all’ingresso dei templi hindu che sono considerati una rappresentazione simbolica del corpo divino. In particolare, il fluido sottile chiamato Ganga secondo la tradizione stilla simbolicamente dalla Luna posta nel centro del Sahasrara Chakra (che la fisiologia dello yoga colloca alla sommità del capo) e scorre come una corrente continua fino alla narice sinistra dello yogin.

Così, secondo questa tradizione, il nostro viaggio lungo il corso della Ganga acquista un altro,  più ricco significato: diventa un viaggio iniziatico nel corpo mistico dell’India alla scoperta delle energie sottili dello yoga.

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Info viaggio: Il Tucano Viaggi Ricerca, tour operator specializzato in itinerari etnologici e culturali, propone  un viaggio di 10 giorni intitolato “Là dove scorre il Gange”, con un tratto in barca e soste nelle principali località lungo il fiume sacro. Per informazioni e prenotazioni: tel. 011 5617061 – fax 011 544419 – mail [email protected], sito web www.tucanoviaggi.com.

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