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Nel film Anneliese è Micaela Klinger, una giovane ragazza ventunenne che dopo aver finito il liceo decide di frequentare l'università, la sua famiglia è molto religiosa e all'idea di lasciare la sua figlia da sola in città non va molto giù, nonostante ciò suo padre le dà una possibilità e le affitta una stanza in una pensione, la madre non pare contenta di questo progetto, è apprensiva ed è nettamente contraria perchè la figlia ha sofferto di "strani" attacchi (che è da un pò che non si ripresentano), così quando la lascerà le darà in dono un rosario per far si che il "Signore la protegga" dai demoni della società laica.
La vita di Micaela all'università sembra seguire lentamente una traiettoria felice e serena, incontra una sua vecchia amica di scuola con la quale rinnova una forte amicizia. Ma sembra che questa nuova vita non sia sufficiente per combattere i sensi di colpa, di inadeguatezza e di solitudine, così gli attacchi ritornano accompagnati da altri strani sintomi.
Si confida con un prete perchè sente delle voci che la tormentano e che non le lasciano toccare il rosario che le ha regalato la madre, il prete piuttosto scettico rimprovera la ragazza rassicurandola di proseguire gli studi.
Ed è proprio in quel rosario che si nasconde la forza e l'onnipresenza della figura materna e che la stessa Micaela romperà quando al ritorno dall'università per le vacanze di Natale la madre butterà nella pattumiera i suoi nuovi vestiti. E' una profonda ferita che dilania continuamente sullo stesso punto, anche un abbraccio rifiutato dalla madre diventa per Micaela una gravissima colpa di cui se ne fa carico, senza riuscire a liberarsene, tendendo ad opprimere sempre più se stessa, così è la schizofrenia, lo sdoppiamento dell'io, l'unica soluzione per placare la sua sofferenza identificandosi nel male. Micaela annienta se stessa, rifiuta l'aiuto di uno psicologo, si convince di essere posseduta e si consegna come una inconsapevole martire a un esorcista e alla sua famiglia, il suo peggior nemico, affondando in quell'aria chiusa e malata che ogni fondamentalismo religioso genera. Ma forse è proprio in quella situazione, con la madre pentita che si avvicina alla figlia come mai è stata prima, che Micaela ritrova quel filo di comprensione e approvazione che gli è stata negata per tutta la vita. Nell'ultimo pianosequenza Micaela guarda oltre il finestrino della macchina, la tranquillità del verde paesaggio sembra sospirare la sua morte come un dolce presagio, è la colonna sonora di "Anthem" dei Deep Purple che sottolinea questo momento di sconfortante serenità che aveva già abbracciato Micaela in un'altra sequenza del film, quella in cui Micaela dopo essersi baciata con il suo futuro ragazzo si dirige verso il centro della pista da ballo e inizia a danzare, liberando gli arti dal disagio della vergogna e della solitudine, mentre un lacrima le riga il viso. Di fronte a lei c'era ancora una finestra socchiusa che le bisbigliava un mondo felice, ed è proprio là, a un passo da quella finestra, nella sua commozione, che si cela tutto il mistero della fragilità del suo essere.
Schmid sembra farsi carico sulle spalle del disagio e delle speranze della protagonista, la mdp cattura con estrema sensibilità ogni suo magone, ogni sua lacrima, ogni suo attacco e ogni suo sorriso, tra la ponderazione psicoanalitica di Ken Loach (Family Life) e lo stile grezzo, agitato e disturbante di Lars Von Trier (Le onde del destino), Schmid gira un film appassionante che ha un gran peso emotivo per chi guarda perchè riesce a rendere comprensibile l'incomprensibile attraverso l'intuizione, mancando così la supponente pretesa di asserire una verità certa.
"Straordinaria Sandra Huller" disse Tullio Kezich, io confermo, un esordio folgorante per questa giovane attrice che trasuda di espressività persino nel mento e nelle sopracciglia, qualche detrattore ha azzardato che si tratta di una performance eccessivamente teatrale, io dico che si tratta di una performance in cui c'è tanto di umano, di dolente, di carismatico, di avvolgente... e soprattutto di molto vero. Orso d'argento a Berlino meritato.
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