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Requiem di Lauren Oliver

Creato il 03 febbraio 2014 da Anncleire @anncleire

Requiem di Lauren Oliver

But we have chosen a different road. And in the end that is the point of escaping the cure: We are free to choose. We are even free to choose the wrong thing. Perfection is a promise, and a reassurance that we are not wrong.

(Ma abbiamo scelto una strada differente. E alla fine questo è il motivo per cui scappiamo dalla cura: siamo liberi di scegliere. Siamo persino liberi di scegliere la cosa sbagliata. La perfezione è una promessa e una rassicurazione che non siamo nel torto.)

 

“Requiem” è il volume conclusivo della trilogia distopica di Lauren Oliver apertasi con “Delirium” e che io ho lasciato a sedimentare per quasi un anno nella mia lista delle cose da leggere. Quando ti avvicini ad un libro molto amato e molto atteso hai sempre un fremito. E quando si tratta del volume conclusivo di una trilogia che ti ha sconvolto hai mille aspettative, che speri vengano soddisfatte. Purtroppo non posso dire di essere pienamente contenta di questo libro. Anzi sono ancora scossa, incredula e incapace di decidere se mi è piaciuto o meno. Quello che è certo è che la Oliver non ha dato tutto quello che poteva, non ha scelto, non si è esposta e ha solo dichiarato il suo intento di continuare la lotta, in un finale che racchiude un’orribile punto interrogativo.

 

Hanno cercato di catturarci, di mandarci nel passato. Ma siamo ancora qui. E ci sono altri come noi, ogni giorno di più.

Ora un membro attivo della resistenza, Lena è stata trasformata. La nascente ribellione che era solo un embrione in Pandemonium è esplosa in una rivoluzione a tutto campo in Requiem e Lena è al centro della lotta.

Dopo aver salvato Julian dalla sentenza di morte, Lena e i suoi amici sono scappati nei Wilds. Ma gli Wilds non sono più un luogo sicuro, gruppi di ribelli si sono manifestati in tutto il paese e il governo non può più negare l’esistenza degli Invalidi. Le guardie hanno infiltrato i confini per eliminare i ribelli e Lena naviga su un terreno sempre più pericoloso, e la sua migliore amica, Hana, vive una vita sicura ma senza amore in Portland come la fidanzata del giovane sindaco.

Forse siamo impazziti per i nostri sentimenti. Forse l’amore è una malattia e staremmo meglio senza. Ma abbiamo scelto una strada diversa. E alla fine, questo è punto nello scappare la cura: essere liberi di scegliere. Siamo liberi di scegliere anche la cosa sbagliata.

 

Se “Delirium” era il libro del risveglio di Lena e “Pandemonium” il libro della divisione tra passato e presente, “Requiem” è il libro del io e del lei, concretizzato dall’alternanza del punto di vista di Lena e quella di Hana, del noi e del loro, dei Curati e degli Invalidi, degli Zombie e dei Liberi, in un continuo confronto che non diventa mai definitivo, che si compenetra e ci mostra come niente sia segnato da un contorno definitivo. Tutto in “Requiem” è grigio, sia per Lena che per Hana. È questo che sconvolge, è questo che lascia il lettore senza punti di riferimento e che alla fine apre solo la porta alla lotta. E la pace? La pace è un’utopia irraggiungibile, perché il proprio mondo è continuamente messo in pericolo, c’è sempre qualcuno che lo minaccia, e amare vuol dire anche lottare. Il problema di fondo però è il fatto che la storia sembra tornare al punto di partenza, e quando si raggiunge il massimo della parabola, invece di essere guidati in uno scioglimento, che ci permetta di gioire appieno e definitivamente con i nostri amati protagonisti, ci si trova davanti un’altra salita, un altro punto di massimo, e che quello appena raggiunto è solo un massimo relativo.

Lena che in “Pandemonium” aveva dimostrato di avere le doti di una leader, e che in qualche modo si era esposta, ora sembra quasi tornare sui suoi passi. È incerta, tentenna, dubita, prima va in una direzione e poi in un’altra, come una bambina capricciosa che vuole tutto per sé. In realtà non coglie nulla oltre il proprio naso e si ritrova egoisticamente  ad accusare tutto e a pensare solo a sé stessa. Ogni scelta è per lei.

“A free world is also a world of fracture” (Un mondo libero è anche un mondo di divisione)

Ed è profondamente vero, nei territori selvaggi che si estendono oltre i confini delle citta libere dal “Deliria”, da quella malattia che corrode dentro, ci sono personalismi più evidenti che emergono, decisioni che frastagliano e Lena, anche se contro voglia deve accettare che nessuno è perfetto e tutti cercano la felicità. Grida, scappa, si scuote, ma alla fin fine non può nulla contro le decisioni degli altri. Lena resta vittima di sé stessa, e anche l’atto finale, quando cade il sipario sulla vicenda, non viene da lei, che resta a guardare gli altri che agiscono e non prende di certo una decisione.

Dall’altra parte c’è Hana, che mi aveva convinto di più fin da “Delirium”. Per tutto il primo libro ho odiato profondamente Lena, una ragazza che si lascia guidare e che trovo irritante oltre ogni dire. Hana al contrario è una ragazza che rischia, che si espone, che cerca una strada diversa. Francamente anche quando confessa il suo segreto più grande, anche da curata, anche da zombie conserva un fascino molto intenso e speciale. Non sappiamo se ci siano problemi o meno, ma Hana affronta il suo destino con dignità e con una certa rassegnazione che pure viene combattuta, con un forte desiderio di conoscere la verità. In Hana resta vivo il desiderio di sapere tutto e di conseguenza mette in discussione tutto ciò che la circonda. È molto più viva di Lena ed emerge nella pagina con la sua prodezza, con il suo essere costretta a seguire un cammino che non le appartiene e che qualcun altro ha tracciato per lei. Almeno lei ci prova a cambiare le cose, lei ci dà dentro, anche quando sembra inutile, inforca la bicicletta e rischia, rischia, perché la vita è anche questo, una roulette russa in cui non sai mai cosa potrebbe succedere.

This is what amazes me: that people are new every day. That they are never the same. You must always invent them, and they must invent themselves, too.

(Questo è quello che mi affascina: che le persone sono nuove ogni giorno. Non sono mai le stesse. Devi sempre inventarle, e anche loro devono inventarsi)

Il divenire, il fiume, il mare, l’acqua, insomma tutti cambiano ma in fondo restano gli stessi, Hana con il suo ribellarsi per quello in cui crede, Lena con la sua indolenza e la sua voglia di vivere in un angolo, Alex con il suo essere debolmente eroico, Julian che non si arrende neanche di fronte all’evidenza dei fatti. E poi ecco ritroviamo il gruppo degli Invalidi che aiutano Lena, Raven in primis che è un personaggio che io ho letteralmente adorato, forse l’unico davvero convincente fino alla fine. Alcune facce ci vengono rivelate, ma non si sciolgono davvero i nodi, neanche quando si ritorna lì dove tutto è iniziato, in quella silente spiaggia di Portland, tra fuoco e grida.

Non so se la novella “Alex” che ancora non ho letto riesca a fornire un quadro più chiaro sul finale, ma credo che in un certo senso mi aspettassi di più.

Il particolare da non dimenticare? La storia di Re Salomone.

 

Un libro che oscilla tra due personalità contrastanti e tra due storie che si compenetrano in una storia che sembra scagliarsi contro un muro, quel muro che Lena ci invita ad abbattere, in una lotta continua, come la vita vera. Una distopia veramente crudele, in cui l’amore viene curato, che non lascia scampo e incide certamente sul nostro modo di pensare. A cosa siamo disposti a rinunciare per amore? Che cosa è davvero importante per noi?

Uscito in italiano il 28 gennaio per Piemme Freeway vale la pena leggerlo anche solo per sapere come finisce la serie… e immaginarsi un mondo dove l’amore regna sovrano.

Buona lettura guys!

 

Requiem di Lauren Oliver

Requiem di Lauren Oliver

Requiem di Lauren Oliver

La Serie:

- Annabel #0,5    (?)


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