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Requiem per un assessore caduto in una guerra per bande

Creato il 08 marzo 2011 da Zfrantziscu
di Torchitorio
Requiem per un assessore, impallinato dal fuoco amico durante una guerra intestina. A favore di Andrea Prato, da oggi ex assessore dell'Agricoltura, si erano mobilitati pastori e contadini e quasi tutte le loro categorie (salvo due, le maggiori); su Facebook centinaia di persone oggi e migliaia nei giorni scorsi lo hanno elogiato. Lo stesso presidente della Regione, nel licenziarlo – pare – con una semplice telefonata, ne ha tessuto le lodi ringraziandolo per “la professionalità, la lealtà e la passione con cui ha svolto il suo ruolo, affrontando con coraggio i problemi del mondo agro-pastorale e bene interpretando la politica del dialogo in mezzo alla gente e della partecipazione”. E non basta: “La sua collaborazione e il suo prezioso contributo al nostro impegno per la Sardegna proseguiranno presto in una nuova veste”. Storie di ordinaria schizofrenia della politica, si dirà. Normalmente, uno che merita tanti elogi lo si premia e lo si rafforza. In politica, no. Ed è interessante capirlo, al di là dell'episodio, come fenomenologia dell'autoflagellazione. Chi ne ha voglia, potrà leggere sui giornali i particolari di un evento che, in sé, non è affatto anormale: gli assessori sono nominati e revocati dal presidente della Regione che tiene, naturalmente, a scartare quanti hanno demeritato. Un grazie per l'opera svolta e basta così. Ma licenziare uno ricoprendolo di onori e, pare, incarichi, sa tanto di una confessione: “Io non volevo, sono stato costretto a farlo”. Dall'opposizione in Consiglio? Dalle forze sociali? Della prima, il meglio che si può dire è che non esiste se non per replicare in salsa sarda quel che in salsa italiana è “Berlusconi delendum est”; basta sostituire Berlusconi con Cappellacci e il gioco è fatto. Le forze sociali, salvo due dicevo, hanno fatto quadrato intorno all'assessore. Neppure gli alleati pare abbiano avuto da ridire su di lui. La guerra per bande è, insomma, tutta interna al Pdl. Dei nomi dei capibanda è inutile dire: di loro non resta traccia se non nel proprio cortile. C'è quello che al proprio partito ha fatto perdere le elezioni provinciali a Cagliari già vinte e c'è chi ne ha fatto di cotte e di crude per costringere il sindaco di Olbia ad andarsene, perdendo così anche quella città e ci sono, ancora, quanti, più o meno silenziosi, aspettano di far pagare agli invisi capibastone le future sconfitte. Invisi, ma potenti e con una idea ben chiara in testa, se il termine non fosse eccessivo. L'idea è questa: cacciando l'assessore e facendo nominare al suo posto un “nostro uomo”, gli elettori capiranno chi è che comanda, qui. E ci premieranno. Il centrosinistra in stato comatoso solleva il capo, sorride e ringrazia. 

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