Mi unisco alle voci di molti, con alcune riflessioni maturate negli anni, ora avvalorate dalla visione di Resident Evil:Retribution, quinto capitolo della saga - franchise, derivata dal’omonima serie di videogiochi (‘96, autore Shinji Mikami, produzione Capcom):se il rapporto cinema-fumetti ha assunto nel tempo un certo consolidamento, declinato in varie modalità espressive, dalla minestra riscaldata al menage felicemente fantasioso, la liaison tra la Settima Arte e i videogames appare ancora improntata alla ricerca d’una migliore intesa, volta soprattutto, ad una più compiuta caratterizzazione dal punto di vista contenutistico.
Milla Jovovich
Scritto e diretto da Paul W.S. Anderson (come il primo, 2002, e il quarto, Afterlife, mentre per Apocalypse ed Extinction era stato solo sceneggiatore, affidando la regia, rispettivamente, ad Alexander Witt e Russel Mulcahy), il film riprende le prodi gesta di Alice (Milla Jovovich, brava ma costretta in ruolo sin troppo monodimensionale) dove si erano interrotte nell’ultima puntata, l’attacco aereo della Umbrella Corporation alla nave Arcadia: la nostra eroina è ora prigioniera, ma ne verrà fuori grazie all’aiuto, tra gli altri, di Ada Wong (Li Bingbing, abito rosso con spacco e coscia birichina) e Albert Wesker (Shawn Roberts). Fra realtà alternativa (in cui è moglie e madre felice) e virtuale (le città di Tokyo, New York, Mosca, Suburbia), la novella Alice in Wonderland sbaraglierà armate di zombie, giganti tagliatori di teste, moderni Ciciarampa e tutto ciò che le scaglia contro la terribile Regina Rossa, sino a giungere, dopo capitomboli, sparatorie all’impazzata e botte da orbi, alla fatidica comprensione della realtà, in quel di Washington D.C. …Li Bingbing
In un’evidente fase di stanca della sceneggiatura, con il tratteggio a grana grossa del clima cospirativo sospeso tra tematiche politico- sociali vintage (la Guerra Fredda) e moderne (il potere delle multinazionali nel renderci cloni di noi stessi, adatti ad ogni uso), Anderson mantiene l’abituale nonchalance, spavalda ai limiti dell’arroganza, d’assecondare i ritmi più frenetici e rutilanti, per un intrattenimento soddisfacente a livello essenzialmente visivo: la fantasia al riguardo però latita parecchio, palesando anzi un’impronta derivativa lungi dall’essere propriamente affascinante e coinvolgente, riproponendo stilemi horror e sci- fi degli ultimi trent’anni ( scrivere “citando” sarebbe un ardito complimento), senza alcuna metabolizzazione caratterizzante. Lo stile registico, coadiuvato poi da un 3d forse funzionale ma non così necessario, appare spesso rozzo e schematico, per quanto abile a “giocare” nelle modalità di ripresa, come l’apertura, slow motion e rewind per riportarci al capitolo precedente, mentre il virtuosismo, lungi dall’autorialità, assume man mano l’acre sapore d’un vezzo fine a se stesso, vedi la trovata, non nuova, d’evidenziare, in un combattimento corpo a corpo, stile radiografia, ossa spezzate e lesioni interne (per quanto mi riguarda, nessun effetto speciale, dopo mezz’ora ero ben consapevole di cosa mi fossi rotto).Viene mantenuta, comunque, in conclusione, la validità della visualizzazione, senza visionarietà, di una società distopica, ammantata in un clima apocalittico, che trova la sua efficacia nel finale, al solito sospeso, dove l’inquietudine è data dall’attesa dell’agognata chiusura, affidata al prossimo capitolo, quello finale, a quanto è dato sapere ( e sperare).