Sui vetri appannati dal freddo passavano ombre confuse. Nel cielo, oltre le case, salivano fuochi d’artificio. Quando le lancette degli orologi raggiunsero le dodici, da uno dei letti vicino alla finestra venne una breve risata infelice. E’ scesa una notte orientale, si è incollata sui tetti. Di colpo come nei presepi da una fessura del cielo è precipitata la neve. Davanti alla sponda del letto sfilavano silenziose le renne contro il legno degli armadi ardevano i fuochi dei lapponi fuori crepitavano rami e bottiglie bruciavano alberi di natale: legno e vetro, segreto scintillio di carte. E’ arrivato il Capodanno. Noi abbiamo vegliato senza fatica, semplicemente La luna spezzava le travi, l’ombra di una calza velava il cortile, ogni lume era spento. Gennaio lascia nelle isole gusci di riccio sugli scogli e tesa luce sulle secche invernali. Come una desolata corona di pietra in un naufragio polare lastre di granito e chiuse lapidi nell’acqua e in terra oltre il promontorio della Trinità dentro il recinto del cimitero. Vi chiedo coraggio: sognate con la dignità degli esuli e non con il rancore dei malati cancellando la visione dei muri e della neve trasformando l’ombra sporca dei fiocchi e la sagoma scura dei gabbiani con l’animo teso dei marinai che ammutoliscono al sollevarsi dell’onda e pregano raccolti nel cesto del vento. Un filo d’acqua scende nel lavabo Il ghiaccio riga le finestre ed è difficile pensare al soffio marino e l’urtare dei carrelli e il fischio di sirena mattutino non contemplano nessun eroismo. Eppure, distesi sulla misteriosa rotta dei letti noi siamo nello stesso splendore della marea che si placa vicinissimi al nodo che l’acqua finalmente distende. La nave salpa e cammina ed è un quieto santuario.
Sui vetri appannati dal freddo passavano ombre confuse. Nel cielo, oltre le case, salivano fuochi d’artificio. Quando le lancette degli orologi raggiunsero le dodici, da uno dei letti vicino alla finestra venne una breve risata infelice. E’ scesa una notte orientale, si è incollata sui tetti. Di colpo come nei presepi da una fessura del cielo è precipitata la neve. Davanti alla sponda del letto sfilavano silenziose le renne contro il legno degli armadi ardevano i fuochi dei lapponi fuori crepitavano rami e bottiglie bruciavano alberi di natale: legno e vetro, segreto scintillio di carte. E’ arrivato il Capodanno. Noi abbiamo vegliato senza fatica, semplicemente La luna spezzava le travi, l’ombra di una calza velava il cortile, ogni lume era spento. Gennaio lascia nelle isole gusci di riccio sugli scogli e tesa luce sulle secche invernali. Come una desolata corona di pietra in un naufragio polare lastre di granito e chiuse lapidi nell’acqua e in terra oltre il promontorio della Trinità dentro il recinto del cimitero. Vi chiedo coraggio: sognate con la dignità degli esuli e non con il rancore dei malati cancellando la visione dei muri e della neve trasformando l’ombra sporca dei fiocchi e la sagoma scura dei gabbiani con l’animo teso dei marinai che ammutoliscono al sollevarsi dell’onda e pregano raccolti nel cesto del vento. Un filo d’acqua scende nel lavabo Il ghiaccio riga le finestre ed è difficile pensare al soffio marino e l’urtare dei carrelli e il fischio di sirena mattutino non contemplano nessun eroismo. Eppure, distesi sulla misteriosa rotta dei letti noi siamo nello stesso splendore della marea che si placa vicinissimi al nodo che l’acqua finalmente distende. La nave salpa e cammina ed è un quieto santuario.
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