Non è stato difficile trovare il Giardino delle Duchesse, ma ho preferito comunque chiedere perché erano le 4 del pomeriggio e temevo di essere già in ritardo. Il giardino è il tipico giardino emiliano, costellato da mura antichissime di case e casati su cui ti incanti chiedendoti se ancora ci abita qualcuno. Sai bene che la riposta è no, ma preferisci immaginare che è vero il contrario perché è un peccato.
Camminando sento il terriccio sotto le scarpe, mi guardo attorno e l’atmosfera è quella di una grande festa, alcune persone hanno già preso posto, altre devono ancora arrivare.
Le performances hanno avuto luogo su un comune palcoscenico da piazza, mentre le danze venivano rappresentate sul giardino, opposto al palco.
Conosco la responsabile, ci parlo, e confesso le mie buone intenzioni «solo una poesia e un racconto» ed entusiasta mi mostra la scaletta dicendomi «tu sei la dodicesima!», solo due minuti dopo ha inizio il Performing Day.
Tango, chitarra, canzoni, teatro, dance-ability, letture di storie, libri, poesie e infine io.
Sebbene l’evento abbia avuto la durata di quattro ore, l’ottima organizzazione non ha permesso momenti di noia. L’obiettivo era la comunicazione attraverso l’arte e la cultura, l’espressione di sé stessi e delle diversità. E in questo credo di aver dato il mio piccolo contributo con “Manchevolenze“, un racconto scritto in agosto, e “L’ultimo occhio” una poesia ancora inedita.
Leggere i miei pensieri (attraverso le parole) a un pubblico attento, in accordo, romantico, entusiasta e riconoscente, mi ha regalato una grande soddisfazione verso me stessa e verso la mia voglia di far arrivare le parole nei cuori di chi ne è alla ricerca. Alle otto, la serata si è conclusa con un sentito «grazie».
Per chi si fosse perso la performance, non ci crederete, ho creato la sezione “Voce” da dove potete ascoltare anche il racconto di ieri sera.