“Resort Italia”: il turismo come opportunità per uscire dalla crisi, tra occasioni sprecate e proposte per il futuro

Creato il 14 aprile 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

“Perche’ Abu Dhabi si prepara alla fine del petrolio costruendo il museo più grande del mondo e noi chiudiamo il Colosseo alle quattro e mezza del pomeriggio?”. Parte da questa domanda “Resort Italia, come diventare il villaggio turistico del mondo e uscire dalla crisi”, il libro di Lorenzo Salvia, giornalista del Corriere della Sera, uscito per Marsilio (pagine 162, 17 euro).

(huffingtonpost.it)

“Resort Italia, come diventare il villaggio turistico del mondo e uscire dalla crisi”. Nel suo saggio Salvia sostiene che “rincorriamo un passato che non tornerà, quello dell’Italia quinta potenza industriale”. E non ci accorgiamo che intorno a noi c’e’ un’altra industria che tira come non mai, nella quale possiamo essere davvero i migliori”: proprio quella del turismo, in crescita a livello globale, l’unica a “prova di Cina e delocalizzazione”. Se è vero che l’Italia è il primo paese al mondo nelle intenzioni di viaggio dei turisti stranieri, siamo solo quinti per numero effettivo di arrivi internazionali. Dietro alla Francia, dietro agli Stati Uniti, dietro anche alla Spagna e alla Cina. Perche’?

Il libro ricostruisce le occasioni sprecate dal nostro Paese nel recente passato. Ma non è questo il suo cuore, il tono non è lamentoso. Anzi, il saggio è ricco di proposte e di esempi ripresi anche da esperienze straniere. “Diventare il villaggio turistico del mondo – scrive Salvia – non vuol dire trasformare l’Italia in una grande Eurodisney dove tutti girano in infradito, canottiera e bastoncino per il selfie. Anzi, è l’esatto contrario. Significa riconvertire la nostra economia verso un obiettivo che non è fatto solo di alberghi e di monumenti ma di molto altro ancora”.

Se oggi solo il 15% dei turisti stranieri va a Sud di Roma, il libro rilancia l’indicazione di una capitale della cultura italiana ogni anno, sul modello di quello che fa l’Unione europea, per spalmare su tutto il territorio quei flussi che oggi si concentrano nel triangolo Venezia-Firenze-Roma. C’è poi il nodo del rapporto fra pubblico e privato. “In un Paese che chiude gli ospedali, accorpa le scuole e congela le pensioni – si chiede l’autore – è ragionevole pensare che lo Stato possa moltiplicare le risorse che destina alla conservazione del suo sterminato patrimonio?”. Per questo il saggio propone un maggior coinvolgimento dei privati: “Tutela non è conservare sotto vuoto, ma aprire le porte di un monumento alle persone, dargli un senso. Meglio mandato in malora dallo Stato o recuperato da un privato?”. (ANSA)


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