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Rete: grooming e adescamento virtuale

Da Psychomer
by Chiara Polizzi on settembre 24, 2012

L’universo virtuale permea sempre di più la quotidianità umana: non è tuttavia solo l’adulto (o il giovane adulto) a usufruire delle possibilità offerte dalla rete, da Internet e dai Social Network, bensì anche l’adolescente medio, addirittura il bambino, purché viva in un contesto sociale che permette e, talvolta, sprona, l’apprendimento e l’utilizzo di tecnologie alternative; queste si dimostrano sostitutive dei più datati metodi e tecniche di interazione umana, essendo decisamente immediate, relativamente semplici, e indubbiamente meno richiedenti una “messa in gioco” personale, la quale viene sostanzialmente limitata dal “potere protettivo” esercitato da uno schermo, da una chat, da un profilo virtuale (Bittermann, A., 2010).

Tutto ciò sembra estremamente vantaggioso ed esente da problematiche: è noto, tuttavia, come questo non sia veritiero sotto molteplici punti di vista; tralasciando in questa sede tutti i limiti derivanti da un approccio alla relazionalità così mediato, è possibile concentrarsi anche sulle conseguenze più gravi, ma spesso inesplorate, dell’utilizzo delle nuove tecnologie da parte di soggetti giovani.

L’adescamento dei minori online (grooming), tramite le cosiddette chat room, può difatti essere definito come “Una serie di condotte messe in atto da un sospetto pedofilo, le quali susciterebbero in una persona ragionevole la preoccupazione che qualsiasi incontro con un bambino, derivante da tali condotte, avverrebbe per scopi illegittimi” (Protecting the Public White Paper Act, 2002, GB). Questo fenomeno pare scarsamente conosciuto (e riconosciuto) dalla comunità contemporanea, nonostante sia oggetto di studio soprattutto in ambito di tutela e protezione all’infanzia. La collaborazione tra penalisti, psicologi e membri della polizia postale ha permesso, nell’ultimo decennio, di stabilire alcune specifiche fasi del processo di “adescamento”, rendendolo definitivamente un fenomeno di indagine e interesse (O’ Connell R., 2003); questi stadi, in particolare, sono 6,cui:

1. Victim selection methods (Selezione della vittima e contatto iniziale): è generalmente nelle teen chat che il groomer ricerca vittime minorenni, caratterizzate da tratti di vulnerabilità, ingenuità e disponibilità. Il contatto avviene con una fallace “presentazione personale” del groomer, che invita poi il minore al dialogo in “stanze private” della chat.

2. Friendship forming stage (Fase di creazione dell’amicizia): vengono qui adottate tattiche di manipolazione psicologica (come fingersi un adolescente, proporsi come uno zio o un fratello maggiore, ecc), conquistando la fiducia del minore. Per perseguire lo scopo, il groomer si comporta con pazienza e rispetto per il pensiero della giovane vittima.

3. Relationship forming stage (Fase di creazione della relazione): il rapporto si fa più profondo, intimo, con la progressiva costruzione di una relazione “più importante” per il minore.

4. Risk assessment stage (Fase della valutazione del rischio): attraverso il minore, il groomer indaga quanto è grande il rischio di venire scoperto nel suo tentativo di adescamento.

5. Exclusivity stage (Fase dell’esclusività): il groomer manipola il minore a livello psicologico, facendo leva sulla fiducia acquisita e sull’esclusività del rapporto, e lo induce a tenere assolutamente segreta la loro relazione.

6. Sexual stage (Fase sessuale): è la fase culminante, con l’introduzione nelle conversazioni con il minore di argomenti esplicitamente sessuali, che possono condurre a un vero e proprio incontro intimo. Quando il groomer si rende conto che il giovane è completamente plagiato a livello mentale e invischiato nella relazione, lo induce ad un incontro off-line allo scopo di abusare sessualmente di lui.

Avere conoscenza del fenomeno non deve tuttavia portare a una condanna della comunicazione virtuale: essa è necessaria e insostituibile, anche se può divenire altrettanto pericolosa, se trascurata o sottovalutata. Riconoscere il grooming come reato e come illecito non solo può aiutare a meglio gestire e controllare uso e abuso della tecnologia tra i più giovani, ma può anche permettere di raggiungere progressi nel contesto di protezione e tutela all’infanzia, prevenendo conseguenze traumatiche e comportanti disagio.


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