Rete linfatica-snc : zamboni, rivedere neuroimmunologia

Creato il 30 giugno 2015 da Yellowflate @yellowflate

Lo afferma su Veins and Lymphatics, analizzando due studi di recentissima pubblicazione - uno dell'Università della Virginia, Usa, pubblicato su Nature e l'altro dell'Università di Helsinki e del Research Institute Wihuri, pubblicato su 'The Journal of Experimental Medicine' - Paolo Zamboni, responsabile del Centro Malattie Vascolari dell'Università di Ferrara.

L'esperimento uscito sull'ultimo numero di Nature, eseguito da Antoine Louveau, Jonathan Knips e un team dell'Università della Virginia, è "uno studio di svolta per chi è interessato ai vasi linfatici" scrive Zamboni, il quale sottolinea come "sorprendentemente", pochi giorni dopo un gruppo di studiosi di Helsinki abbia "confermato con altri esperimenti l'esistenza di una rete linfatica cerebrale connessa con i linfonodi profondi del collo".

Dopo aver ricordato che l'articolo di Nature non rappresenta in realtà una scoperta rivoluzionaria, ma piuttosto "una descrizione sistematica e aggiornata delle connessioni e delle funzioni del sistema linfatico cerebrale", e ricordato che "esiste da più di un secolo una letteratura dimenticata sugli spazi periarteriosi e perivenosi (Virchow-Robin e Durand Fardel gli Autori), Zamboni afferma che, "tuttavia, . "Gli autori, prosegue, hanno anche chiarito meglio la struttura e la funzione del cosiddetto sistema glinfatico, fino ad ora più supposto che dimostrato". questo articolo permette di superare definitivamente il concetto neurocentrico secondo cui il drenaggio linfatico del sistema nervoso centrale è confinato al compartimento extrameningeo e che vi è una mancanza di drenaggio linfatico del cervello"

Il gruppo dell'Università della Virginia "ha trovato chiaramente il sistema linfatico nella parete delle vene durali (sono le principali vene intracraniche all'interno delle meningi che poi convogliano il sangue nella vena giugulare, ndr), e questo testimonia il dialogo funzionale e anatomico tra i due sistemi. "Inoltre, hanno dimostrato con immagini eccellenti che l'interconnessione dei collettori linfatici non esiste solo con le vene, ma anche con il liquido cerebrospinale, con i linfonodi profondi del collo e pure con le vene giugulari interne".

Quali le potenziali implicazioni di questa scoperta, si chiede Zamboni. "La principale conseguenza - afferma - è che il dogma del privilegio immunitario del cervello, come ammesso dagli stessi autori, crolla. Abbiamo tutti studiato che il cervello è segregato dal punto di vista immunitario. La ragione fisica di questo dogma era basato sulla mancata dimostrazione di vasi linfatici, che significa nessun passaggio di linfociti-T dentro e fuori del cervello. La dimostrazione di vasi linfatici del sistema nervoso centrale richiede una rivalutazione urgente dell'assunto di base nella neuroimmunologia".

"La precedente visione del privilegio immunitario del cervello faceva si che i linfociti-T e gli anticorpi presenti nel cervello e/o nel liquor fossero considerati autoctoni. Di conseguenza, la presenza di linfociti-T è stata sempre considerata di origine autoimmune".

Il nuovo concetto, secondo Nature , apre facilmente la strada a riconsiderare l'eziologia autoimmune di un certo numero di malattie neuroinfiammatorie e neurodegenerative, comprese la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer, ecc., aggiunge Paolo Zamboni secondo il quale, "naturalmente, l'interconnessione dei vasi linfatici cerebrali sia con la mucosa nasale che con i linfonodi cervicali profondi, permette anche di comprendere che non c'è affatto una separazione. Al contrario, i linfociti-T possono circolare facilmente in direzione del cervello". "L'interconnessione con il liquidor cerebrospinale indica chiaramente che quello che troviamo in esso non può essere più considerato autoctono - precisa- .".

Le connessioni anatomiche dimostrate su Nature dei vasi linfatici del cervello con i linfonodi cervicali profondi rappresentano una via di scarico verso il dotto toracico e dunque verso le vene giugulari. Questa comunicazione anatomica va dimostrata urgentemente anche nell'uomo. Entrambi gli articoli aprono davvero domande nuove e stimolanti, e questo succede solo quando una scoperta è un vero progresso scientifico".


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