Il termine “rete sociale” non ha il fascino di “social network”, inutile nasconderlo, eppure il titolo del messaggio per la 47a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che la chiesa cattolica celebra domani 12 maggio 2013, in concomitanza con la Solennità dell’Ascensione, contiene proprio questo termine e per esteso: “Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione”.
Lungi da me fare l’esegesi del messaggio di Benedetto XVI, il testo infatti, uno degli ultimi scritti dal precedente pontefice, oggi papa emerito, è molto chiaro e scorrevole. Un messaggio viene fuori forte è chiaro: “i nuovi mezzi di comunicazione sociale non sono mezzi”.
Non sono mezzi, come li intendiamo solitamente perché è riduttivo trattarli come strumenti, sono semmai luoghi e il termine “mezzo” non sta per sinonimo di strumento, ma per “stare in mezzo”.
Un ragionamento di questo tipo implica parecchie conseguenze e smonta molti luoghi comuni.
I social network sono ambienti abitati da persone reali e non mondi “virtuali”.
La differenza tra la cameretta dell’adolescente e il suo profilo facebook è solo (o dovrebbe essere solo) nel fatto che la prima è offline e la seconda è online, con tutto quello che ne consegue, è vero, in fatto di privacy, di multimedialità e di velocità di propagazione delle informazioni, ma non di realtà così come la intendiamo. Sui social network c’è la vita reale.
Le reti sociali sono uno “spazio” abitato. Cosa diremmo del missionario, del sacerdote, della religiosa, del professore o del genitore o dell’educatore che si rifiuta di svolgere il proprio ruolo in un posto perché lo si ritiene mal frequentato?
Capite l’implicazione? Tenere fuori dal proprio raggio di evangelizzazione, di insegnamento o di educazione i social network, come in molti casi accade, significa innanzitutto essere un po’ codardi e in secondo luogo tagliare fuori dalle proprie relazioni una fetta enorme di vita umana e cristiana.
“I miei alunni li incontro in classe, non ho bisogno di chattare con loro”. Giusto, ragionamento che fila, per certi versi anche opportuno, peccato che un social network non sia una chat (strumento per comunicare risparmiando sugli sms) ma un luogo dove i miei alunni vivono per quasi più tempo che a scuola, dove si scambiano esperienze profonde e anche cose molto più frivole.
Non sono io che dopo scuola devo “andare su facebook” ma la scuola che deve esistere anche su facebook.
Il genitore che vive nell’angoscia che il proprio figlio possa da un giorno all’altro iscriversi ad un social network al 99% ha un figlio che è già sui social network, magari con un altro nome. Un genitore che si iscrive sui social network per controllare il figlio o la figlia è come quello che segue in auto di nascosto il figlio o la figlia quando esce con gli amici, ridicolo no? E’ la stessa identica cosa. Identica.
Fino a quando non passerà per la testa dei sacerdoti, dei genitori, degli insegnanti e degli educatori in genere, che i social network sono luoghi abitati e non giochini per perditempo, difficilmente si riuscirà a capire, a relazionarsi, in sostanza a vivere bene anche in comunione con i più giovani.
La Rete non è in quanto “acchiappa”, “intrappola, come quella che gettano i pescatori sperando di tirare a riva più pesci possibile, non è quella che serve in chiesa o a scuola “per attirare i giovani”, ma quella struttura fatta di nodi che si sostengono l’uno con l’altro, formando un reticolato, che preso pezzo per pezzo è del tutto inutile, ma tutto insieme è un formidabile luogo di incontro, condivisione, raccolta di frutti.
Se il termine “sociale” vi suona un po’ male, puzza un po’ di buonismo o assistenzialismo, di onlus o di carità pelosa, siete un po’ fuoristrada, quel termine “sociale” è fratello di “relazione” cioè entrare in comunicazione con gli altri, con il prossimo.
Nella giornata in cui la Chiesa celebra l’Ascensione, quel Gesù che sale al cielo, lascia agli apostoli rimasti per terra, con il naso per aria, un po’ di spago e la tecnica su come fare dei bei nodi. La Rete hanno cominciato a costruirla loro e non è ancora finita, non vorremmo mica dire che oggi non è rete perché lo spago è diventato fibra ottica!
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