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Pannella denuncia: la situazione delle carceri... di TMNews
Come non amareggiarsi di quanto le infelici sorti del popolo ebraico possono essere strumentalizzate anche in modo improprio. È chiaro che il termine "Shoah" per definire la precaria situazione delle carceri italiane è stato usato di proposito, meditato a tavolino come trovata retorica d'effetto per enfatizzare un concetto. Il vecchio "volpone", che voleva esagerare, alla fine ha pasticciato, mettendo in evidenza solo la sua scarsa conoscenza del significato ebraico e storico del termine.
Senz'altro è lecito avere lacune nella propria conoscenza delle lingue straniere. Ancora di più della storia, specie se non tocca direttamente. Probabilmente non si riuscirà mai a parlare abbastanza dello sterminio di 6 milioni di ebrei per mano dei nazisti e del dittatore che aveva ordinato l' "eliminazione definitiva" di quel popolo. Sarà per questo doveroso intensificare l'informazione ed educare all'approfondimento anche chi è rimasto indietro. Paragonare i destini delle carceri italiane all'Olocausto è sbagliato sia nella forma che nella sostanza: una cattiva amministrazione delle prigioni non ha niente a che fare con le persecuzioni subite da migliaia di innocenti in nome della razza ariana.
Può comunque capitare a tutti di fare una brutta figura, seppure per una giusta causa. Ma con tutti i termini che la ricca lingua italiana offre per definire l'operato di una burocrazia, in positivo e in negativo, e così pure l'ebraico, c'era bisogno di tirare in ballo la Shoah, paragonando le sue vittime al disagio di carcerati che, per loro fortuna, non hanno come destino (sistematico) le camere a gas e la morte, bensì la libertà? Dum sese inflari, rupit. (Fedro, "La rana e il bove")