Qualche giorno fa è comparsa sul blog che la casa editrice ISBN ha dedicato al libro Retromania di Simon Reynolds l'intervista che la redazione ha fatto al celebre critico musicale inglese, forse il più famoso al mondo nel suo settore. E' molto lunga e molto bella, e la consiglio a chiunque sia interessato al rock suonato oggi e al suo legame con i modelli del passato. Oggi invece lo stesso blog ha rieditato la lista che Reynolds ha fatto qualche anno fa dei migliori 50 dischi degli anni Duemila (segnalazione proveniente da qui): un po' in ritardo, ma sempre interessante. Essendo una lista è naturalmente soggetta a giudizi personali e a legittimi controgiudizi di chi la legge, ma essendo che a redigerla è Reynolds allora conviene darle un'occhiata approfondita, tenendo conto del suo ragionamento sulla retromania della musica contemporanea, e dunque, dice lui, dell'assenza di tutto l'indie rock, che invece per altre riviste è il segno della modernità (e per quel che vale, anchi qui sopra), così come del fatto che nella musica di oggi (vedasi molte scelte di Onda Rock) promuovere quella che è facilmente identificabile come innovazione significa due cose: segnalare derive elettro-strumentali molto vicine alla rottura di coglioni ambient e dall'altro sperimentazioni tanto affascinanti quanto spesso inascoltabili (la scoperta della lista per me è stata i Micachu and the Shapes, brava e giovanissima: però che fatica...). La lista non la condivido ma la capisco. O almeno in parte, perché mi vanno bene gli Animal Collective a manetta, ma se poi metti due album di Ariel Pink, che quando lo ascolti sembra di stare ad Harlem nel '79, allora non capisco perché alcuni retromani sì e altri no. Per non parlare poi di Joanna Newsom, che se quella al posto dell'arpa avesse un mandolino, e andasse comunque a suonarlo in riva al mare, la sputerebbero tutti.
Magazine Cultura
Qualche giorno fa è comparsa sul blog che la casa editrice ISBN ha dedicato al libro Retromania di Simon Reynolds l'intervista che la redazione ha fatto al celebre critico musicale inglese, forse il più famoso al mondo nel suo settore. E' molto lunga e molto bella, e la consiglio a chiunque sia interessato al rock suonato oggi e al suo legame con i modelli del passato. Oggi invece lo stesso blog ha rieditato la lista che Reynolds ha fatto qualche anno fa dei migliori 50 dischi degli anni Duemila (segnalazione proveniente da qui): un po' in ritardo, ma sempre interessante. Essendo una lista è naturalmente soggetta a giudizi personali e a legittimi controgiudizi di chi la legge, ma essendo che a redigerla è Reynolds allora conviene darle un'occhiata approfondita, tenendo conto del suo ragionamento sulla retromania della musica contemporanea, e dunque, dice lui, dell'assenza di tutto l'indie rock, che invece per altre riviste è il segno della modernità (e per quel che vale, anchi qui sopra), così come del fatto che nella musica di oggi (vedasi molte scelte di Onda Rock) promuovere quella che è facilmente identificabile come innovazione significa due cose: segnalare derive elettro-strumentali molto vicine alla rottura di coglioni ambient e dall'altro sperimentazioni tanto affascinanti quanto spesso inascoltabili (la scoperta della lista per me è stata i Micachu and the Shapes, brava e giovanissima: però che fatica...). La lista non la condivido ma la capisco. O almeno in parte, perché mi vanno bene gli Animal Collective a manetta, ma se poi metti due album di Ariel Pink, che quando lo ascolti sembra di stare ad Harlem nel '79, allora non capisco perché alcuni retromani sì e altri no. Per non parlare poi di Joanna Newsom, che se quella al posto dell'arpa avesse un mandolino, e andasse comunque a suonarlo in riva al mare, la sputerebbero tutti.
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