Questo #retroweekend lo dedichiamo interamente alla musica. E lo facciamo rendendo omaggio alla band che ha definito il concetto di “musica pop”: i Beatles. Tutti sanno chi sono e conoscono qualcuno dei loro più grandi successi. Quello che sfugge agli occhi dei meno attenti è come i quattro di Liverpool siano diventati quello che erano e sono tuttora, a distanza di parecchi decenni e in soli dieci anni di attività effettiva (dal 1960 al 1970). La Beatlemania, iniziata più di cinquant’anni fa, non ha mai visto periodi di crisi, un chiaro segno di quanto questa band abbia profondamente cambiato la musica, sia dal punto di vista mediatico sia dal punto di vista della comunicazione di massa.
Per questo #retroweekend, in coincidenza con il 46esimo anniversario del “White Album”, analizzeremo la carriera di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr, frazionando la storia della band in tre fasi. Approfondire tutto ciò che sta dietro al mito degli scarafaggi è impossibile: lasceremo che sia la musica a parlare per loro, soffermandoci sulla loro fase di maturità artistica raggiunta con “Revolver” e con “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, sull’inizio della fine con “White Album” e infine sul declino con l’album “Abbey Road” e l’ultimo (anche se da considerarsi postumo) “Let it Be”.
Venerdì.
E’ il 1966, la Beatlemania è già esplosa in ogni angolo del pianeta ed è florida più che mai. Tutti, ma proprio tutti, conoscono i Beatles. Odiati dai genitori e idolatrati dai figli, hanno girato il mondo, fatto esplodere le arene di ogni continente, ma soprattutto hanno dato il via a una rivoluzione culturale giovanile destinata a cambiare profondamente le sorti della società moderna. I Beatles hanno inciso diversi dischi dall’inizio degli anni ’60 ad oggi, ma l’aria inizia a cambiare: nel mondo, ma anche attorno a loro. La Beat Generation è entrata in una fase nuova. Non è più solo disobbedienza, inizia la contestazione, quella vera. Le regole non esistono più, la prova è più che mai tangibile in “Revolver”, definito dai critici e da molti fan come il picco di creatività dei Beatles. Non si parla più solo d’amore e di tenerezza, traspare consapevolezza nella loro musica. Si respira aria di critica sociale, si parla di droga, politica e di argomenti finora ingombranti per una band che cerca il successo: dato che però il successo è già arrivato, i Beatles decidono di esprimersi a 360°. Il risultato è un disco di denuncia sociale e di sperimentazione musicale profonda, un preludio a quello che sarà il prossimo disco, da tutti considerato un pilastro della musica moderna.
Il 1967 inizia nel migliore dei modi. I Beatles si ritrovano in mano alcune B-Sides scartate dall’album precedente, tanti nuovi brani di qualità, ma soprattutto un’idea volta a rivoluzionare il mondo della musica per sempre. Esce “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, che rappresenta un profondo strappo nel panorama mainstream e si traduce in una rivoluzione totale di suoni, di testi e di immagine. Da questo punto in avanti, la storia assiste a un avvenimento senza precedenti: la musica pop acquisisce il diritto di essere considerata arte. Il disco in questione è un’esplosione di suoni, colori e sensazioni; una volta pubblicato, non passa molto tempo prima dell’incisione di un’ulteriore singola traccia, destinata a diventare l’inno del movimento Hippie. “All you need is love” diventa il ritornello più cantato da tutti i giovani dell’epoca, mentre la rivoluzione prende il largo verso la sua massima espansione.
Sabato.
22 Novembre 1968. I Beatles sono tornati da un viaggio spirituale in India, presso il Maharishi Mahesh Yogi, la scuola di pensiero della “Rigenerazione Spirituale”, di cui erano ufficialmente divenuti adepti. Questo viaggio mistico però non giova alla band: tra i quattro membri cominciano a comparire frizioni e profonde fratture. Il risultato si può riassumere con il disco “The Beatles”, soprannominato da tutti “White album”. Questo disco segnala una band che non collabora più come un’unica identità, a partire dalla copertina, anonima per quanto singolare, ma soprattutto per le tracce al suo interno, dato che ogni brano riporta l’inequivocabile cifra stilistica del rispettivo autore. George Harrison emerge positivamente come compositore, a discapito di una composizione non più omogenea come un tempo. Tuttavia, l’album contiene canzoni di qualità, specialmente quelle in cui spicca ancora la vena psichedelica e sperimentale dei quattro. Nonostante l’enorme successo commerciale, tutti, inclusi i Beatles, si accorgono di quanto la loro sintonia sia compromessa, forse per sempre.
Domenica.
Siamo giunti al 1969. Anno cruciale per la musica, per la società occidentale e anche per il quartetto di Liverpool, la cui fine è imminente. Le tensioni tra i membri si fanno sempre più intense, dovute anche all’ingombrante presenza di Yoko Ono, la nuova compagna di Lennon. La band decide quindi di tentare un ritorno alle origini. Inizia il progetto “Get Back” , che comprende un nuovo album e un relativo film/documentario. Il progetto, inizialmente carico di ambizione, perde importanza durante la realizzazione: il disco non viene mai alla luce. Con il pretesto di una ripresa volta a suggellare l’ennesimo capolavoro, i Beatles si esibiscono per l’ultima volta sulla terrazza della Apple corps, il loro “quartier generale”, il 30 gennaio 1969. Successivamente il progetto va in frantumi, la band si divide quasi del tutto: è soltanto grazie alla EMI records se riescono a instaurare una tregua temporanea. Tra luglio e agosto, i Beatles incidono le loro ultime canzoni insieme. Nemmeno un mese dopo, esce “Abbey Road”. Quest’ultimo testamento artistico contiene diversi capolavori, e nonostante la sofferta realizzazione, è considerato dai critici come un disco di eccellente levatura.
Nel frattempo, un’altro lavoro frutto di una precedente sessione in studio sta prendendo vita: “Let it Be”, disco che segna la fine definitiva dei Beatles, rimasterizzato più volte a causa delle sempre più divergenti esigenze della band. La sua pubblicazione, risalente al 1970 riscuote un enorme successo, anche se i Beatles non esistono più da mesi. La loro carriera come band, durata solo un decennio, è ufficialmente conclusa, lasciando spazio ad una profonda amarezza nel cuore di tutti i fan del mondo.
Al di là del mito e delle leggende, la storia parla chiaro: i Beatles non erano altro che un nucleo di musicisti la cui affinità ha dato vita ad alcuni tra i più grandi successi della musica moderna. Essendo però, nonostante la fama, una band esseri umani, una volta creata una frattura tra i componenti, fu impossibile per loro tornare come prima. Per fortuna, a testimoniare tutto ciò, restano i loro capolavori, che come ogni opera d’arte sono l’esatta trasposizione della loro vita, un’impronta chiara ed indelebile di ciò che si ha dentro, destinata a restare nel tempo e, nel loro caso, nella storia.
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