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Sono stato colpito da "Cairo Time", anche se l'effetto non è durato molto, tanto che a pochi giorni di distanza dalla visione riesco a sottolineare vari limiti che impediscono al film di decollare del tutto, o meglio di affrancarsi dalla sua connotazione "iperlaccata", evidente in molte scelte sia di sceneggiatura che di messa in scena. Questo non varia, di molto, il mio giudizio complessivo, anche se mi porta a riconsiderare una valutazione numerica, viziata proprio dalla eccessiva "costruzione" sia scenica che narrativa che fanno perdere, spesso, al film la vitalità e lo inseriscono, con garbo, stile, eleganza e charme, nella lunga serie dei film da "atmosfera", magari un pò borghesi, magari un pò ingessati, come "Last Night", per intendreci. In realtà, volendo trovare un termine di paragone (peraltro molto alla lontana), "Cairo Time" è una sorta di fratello maggiore di "Mangia, Prega, Ama" con Julia Roberts. E allora si può intendere il vero salto di qualità. Se il film di Murphy è un polpettone lungo, senza spina dorsale, sostenuto a malapena da attori fuori parte e con una sceneggiatura pietosa (è nella mia classifica dei peggiori dell'anno trascorso), "Cairo Time" affronta il tema del viaggio e dell'incontro con un altro mondo culturale completamente diverso senza sovraccaricare, ma dando un'immagine poetica, antica, tersa e anche piuttosto fedele del luogo, concentrandosi sull'afflato amoroso con una discrezione insolita. Ecco, se il film di Murphy eccede nella volgarizzazione/banalizzazione, "Cairo Time" ha il merito di essere sempre accogliente, dolce, perfetto, ma ha anche il demerito di essere una pralina, una bomboniera, di quelle che si accolgono con calore, spesso di facciata, ma poi si mettono da parte, magari discutendo sull'opportunità altrui della scelta. Ciò, ovviamente, non limita la grande dedizione interpretativa del cast e di Patricia Clarkson, nè vuole essere un appunto inutile alla regista, Ruba Nadda. Va detto, infatti, che "Cairo Time" va preso così, senza eccessive critiche o adulazioni. E' un film onesto e artigianale, piccolo ed emotivamente denso, con i suopi pregi e i suoi difetti. Ma meglio l'eleganza sopraffina che la stupidità irrispettosa made in Hollywood. Anzi, a dire il vero, il confronto è un'offesa all'intelligenza di chi ha portato a termine un lavoro di questo tipo, che invece di insistere sulle spese folli, punta tutto su uno stile, piuttosto laccato, come detto, ma anche identificabile e su una prospettiva non allineata allo stereotipo. Senza star.
Inedito in Italia
6,5 su 10
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