Magazine Cinema
I baci mai dati
Il primo incarico
Due film italiani e profondamente "femminili". "I baci mai dati" di Roberta Torre è un caledoscopico racconto di formazione pseudo-religiosa, una riflessione compiuta sul concetto di miracolo e le sue implicazioni attuali, "Il primo incarico", opera prima di Giorgia Cecere, è un misurato sguardo rurale ancorato ad una condizione, quella femminile, che, nel secondo dopoguerra mondiale, si definisce nella sua ambiguità, tra obblighi sociali e istanze di indipendenza. Una sorta di "irrisolto" domina nelle sequenze finali di entrambe le pellicole, uno "sfumato" narrativo che rende aperta la riflessione ideologica a monte (influenzata nel primo caso dalla conversione della parossistica Roberta Torre, dall'altro dalla profonda volontà attualizzante di comprendere tratti interiori della figura femminile nel particolare contesto italiano, per l'antropologa in erba Cecere, che viene dal Centro Sperimentale). La perfezione è lontana, le pellicole non sono prive di difetti, spesso marcati. La Torre non riesce a rinunciare ad una costruzione visiva eccessiva, figlia delle esperienze mancate del passato meno prossimo ed esagera con la caratterizzazione fortemente caricata di alcuni personaggi (Piera Degli Esposti), mentre la Cecere, più vicina ad una impostazione tradizionale, riesce a garantire lo sviluppo narrativo, spesso limitandosi a sequenze-bozzetto, figlie del cinema neorealista italiano. La Cecere è molta attenta alla sfumatura di scrittura, mentre la Torre cerca un impasto più accattivante tra il piano visivo e quello narrativo. "Il primo incarico" è un film elegante e dimesso insieme, "I baci mai dati" un'overture, anche musicale (i titoli di coda con Erica Mou), un patchwork interessante anche se non sempre originale. Ad un cast corale. in cui eccelle una Finocchiaro chew fa pendant con la scoperta Carla Marchesi, si contappone un'ispirata Isabella Ragonese, attitudine recitativa naturale ma effifcace. In entrambi i casi gli uomini sono quasi presenze sovrannumerarie, con un Beppe Fiorello evanescente e il duo Chiariello/Boll semplice corollario alla personalità decisa della Ragonese. Due film molto diversi, ma anche molto simili, accomunati da una parziale impostazione di fondo, una femminilità speculare, l'una figlia di una visione tra lo sgarciante e l'onirico, l'altra più sociale e solida.
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