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Piacione e sornione quanto basta, "Limitless" è un'operazione senza spessore critico, che punta tutto sull'assunto iniziale e prosegue seguendo una serie di clichè irrealistici difficilmente sopportabile per chi non cerca solo un "entertainment" fine a sè stesso.
Salutato, senza troppo buzz precedente all'uscita, come uno del film action dell'anno, e con lauti guadagni nei box-office di tutto il mondo (comparati alle spese, si intenda), "Limitless" ha avuto una certa eco dopo la release americana per arrivare con estrema facilità a diventare un "must-see" del 2011. Peccato che l'attenzione verso la pellicola nasca da un facile isterismo, anche di valutazione critica, collettivo, pronto ad esaltare/promuovere opere con scarsa originalità mascherata da un concept accattivante e carismatico. "Limitless" è un action di nuova generazione, lontano, per dire, anche alle problematizzazioni della saga Bourne (che almeno ha un impianto solido di occultamento/mascheramente sotteso), e tutto votato all'effetto, che sia visivo o di trovata narrativa dirompente (in realtà banale). La regia, non a caso, è affidata ad un regista discontinuo e "magico" come Neil Burger, astro nascente vagamente indie (in realtà affine al mainstream ma capace di impiegare budget non esosi) che ha raggiunto la fama con "The illusionist", in competizione con il Nolan di "The prestige". Ed ecco qui, le inquadrature "cool", la patina visiva carica di colori saturi, la macchina da presa che si lancia in riprese iperboliche/labirintiche ed l'ovvia voice-over a cercare di raddrizzare un intreccio chiarissimo fin dalle prime inquadrature ( non è che il flashforward sia indispensabile in ogni struttura cinematografica legata in un modo o nell'altro alla ricostrzuione del funzionamento mentale, vorrei evidenziare). Ed ecco che il canovaccio sulla "droga" da "potenziamento" neuronale, tra sinapsi visibili e epifanie geniali che si esprimono con qualche effetto collaterale (e lo sdoppiamento per accumulare sequenze non è una novità e per di più non è funzionale al tono basic del film) è compiuto. Aggiungete un tocco di futile assetto narrativo, casomai una candidatura al senato giusto sul finire che fa tanto "sogno americano", un'ellissi amorosa (altrimenti la durata aumenta e il pubblico si annoia) e il cammeo inutile di un De Niro in gran spolvero (e chissà che la polvere si tolga prima o poi davvero) e avrete "Limitless", con la faccia piaciona e impersonale di un Bradley Cooper "superstar del nulla"e una Cornish che delude per scelta di copioni e fa rimpiangere le belle parole sprecate per lei in "Bright Star", ormai un sogno lontano, una stella un po' appannata.
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