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Solido thriller-legal non troppo originale, "The Lincoln lawyer" ha dalla sua un'angolazione aperta, un montaggio veloce e dinamico (da serial televisivo) e una gamma di attori di peso che sfrutta, in molti casi, al meglio delle loro possibilità. Sostenuto da un'eleganza formale di fattura, cade in qualche ovvietà di sceneggiatura che non pregiudica il risultato complessivo.
"The Lincoln Lawyer" è un film dall'impianto profodamente tradizionale. Questo può costituire, da un lato, un riverbero piuttosto compatto in termini di leggibilità, dall'altro è chiaro che non possa offrire elementi nuovi in un territorio esplorato da molti (con successo più o meno variabile) come quello del legal-thriller. Il suo merito è l'aver saputo assoggettare la chiarezza espositiva dell'intreccio ad un stile visivo che unisce perizia di ricostruzione vintage (e i titoli di testa sono fantastici) e un montaggio degno di un serial tv sincopato di nuova generazione. Il contrasto formale accresce la personalità propulsiva del solito testo orientato al dramma dai risvolti crime e riesce ad evitare l'effetto, straniante e poco dinamico, "ingessato" tipico dei legal. Un diretto referente, con risvolti tematici molto diversi, è proprio quel "La giuria" che rimane ad oggi uno dei riaggiornamenti di genere più interessante degli ultimi anni. Qui l'elemento crime, come detto, diventa una componente dominante, che si integra perfettamente con la location portante tramite l'interazione di un personaggio impeccabile (da un testo di Michael Connelly), avvocato-detective di grande forza, non paladino manicheo, ma personalità sfacciata e ambigua, il Mick Haller di Matthew McConaughey, che potrebbe dar via ad una serialità sulla carta interessante. McConaughey, dopo tanti ruoli ovattati e poco nobilitanti, riesce a interpretare con spessore un ruolo tanto sfumato, imprimendosi, grazie anche alla presenza di scene-madri, nella dinamica del film in modo chiaro e limitando i comprimari (la splendida e misurata Marisa Tomei, l'espressivo William H. Macy, l'efebico Ryan Philippe, il sottovalutato Josh Lucas e altri di non minore levatura sono travolti dal ritmo del film e dalla centralizzazione sul character di Matthew). Qualche evidente "buco" si percepisce per l'assemblaggio di una pluralità di sottotrame diverse, ma nulla di particolarmente gravoso o irreale. Certo è che Brad Furman, giovane director, potrebbe non essere una meteora, soprattutto se si arriva a considerare la sua asciuttezza tematica combinata ad un lavoro di direzione moderno e perfetto per un action di qualità. E il primo ad aver percepito la stoffa del regista è stato Arnold Schwarzenegger, star del prossimo film, "Cry Macho", tratto da N. Richard Nash.
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