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Rex tremendae maiestatis

Creato il 10 gennaio 2011 da Alekosoul

Rex tremendae maiestatisRex tremendae maiestatis, citazione dal Dies Irae, è il titolo dell’ultimo (per ora) capitolo delle avventure dell’Inquisitore Nicolas Eymerich, personaggio creato da Valerio Evangelisti (sulla base di un inquisitore catalano realmente esistito), qui protagonista di una lunga e fortunata di romanzi, iniziata nel 1994 e proseguita con una buona decina di opere.

La peculiarità di questo ciclo narrativo è da sempre stata la commistione tematica fra religione e scienza, ragione e mistica,  cristianesimo e paganesimo, passato e futuro, sci-fi e thriller,  un complesso e stratificato gioco degli opposti, che mette in luce le contraddizioni insite nella società (medievale, attuale, e futura) così come nella religione e nella scienza. Non è infatti un caso che gli argomenti ricorrenti compongano un puzzle, una matrice della nostra civiltà, con al centro il ruolo dell’essere umano, il libero arbitrio, il potere della fede e della ragione, il sonno del quale, come ricorda Goya, genera mostri.

Come sempre nei romanzi di Evangelisti, anche Rex tremendae maiestatis si dipana su diversi piani narrativi che sono prima di tutto diversi momenti temporali: il presente di Eymerich, anno del Signore 1372, nuovamente in missione in Italia del sud, Sicilia e Napoli; la Luna dell’anno 3000, dove si ritrova Lilith, personaggio già noto ai lettori di Black flag; la Gerona dell’infanzia di Eymerich, qui tratteggiato per la prima volta come bambino, nel corso delle più rilevanti esperienze che lo hanno portato sul sentiero dei padri dominicani persecutori dell’errore eretico.

Essendo concepita come conclusione di una grande narrazione, quest’ultima avventura, a differenza delle precedenti, contiene molti rimandi ai romanzi precedenti, soprattutto a Picatrix, Il castello di Eymerich, Il mistero dell’inquisitore Eymerich e Cherudek , la mancata lettura dei quali di certo non pregiudica ma impoverisce la lettura.

Valerio Evangelisti
Ancora una volta alchimia, negromanzia, cabala ebraica e strani e inquietanti apparizioni e fenomeni sono gli elementi che compongo il mistero da risolvere per l’ormai anziano inquisitore, qui alle prese con il tomo maledetto Liber Aneguemis e il suo esecutore materiale, Ramon de Tàrrega. Quest’avversario metterà Eymerich di fronte alle sue paure e ai suoi limiti, primo fra i quali il rapporto con la donna (Myriam, Leonor, Lilith, figure che rispecchiano la centralità dei culti della dea madre e la rivalsa dell’eterno femmineo nella società maschilista), in una Sicilia infestata da comparse mostruose (i giganti Lestrigoni) e baronie locali, in cui si intravedono molte delle caratteristiche sociali che purtroppo ancor oggi connotano l’amministrazione delle regioni meridionali.Questa constatazione porta in luce un’altra traccia del romanzo, la relatività del concetto di tempo, misurazione arbitraria in cui tutto cambia, non cambiando mai, come il serpente uroboro.

I lettori abituali di Eymerich non potranno che sentirsi a loro agio, fra le pagine di Rex tremendae maiestatis, mentre i nuovi lettori rimarranno forse positivamente invasi da una serie di domande, le risposte delle quali potranno tentare di cercare nei libri precedenti.

Durante la lettura si avverte la sensazione di compimento, di chiusura di un cerchio, come se il progressivo avanzare del percorso alchemico scandisca il disvelarsi della realtà delle cose e dell’identità stessa di Eymerich, attraverso l’anagramma Ich eym er: io sono aria.
E nell’evanescenza e nell’impalpabilità della verità si sciolgono anche le rigidità dei dogmi della fede, lasciando paradossalmente il tetragono inquisitore come il personaggio con meno certezze e sicurezze, se non la sua arcigna volontà. Percorso di evoluzione personale, trasfigurazione, oltre-uomo, questo è ciò che il passato e il futuro suggeriscono e hanno in serbo per l’inquisitore.

Evangelisti, chiamato al difficile compito di dare una degna conclusione alla sua importante creatura letteraria, porta in campo tutti gli elementi presentati nel corso di questi anni ai suoi lettori, forgiando una narrazione molto densa di materiale, come sempre ben documentata e di ampio respiro, ma che forse non ha, per le sue caratteristiche di sintesi ed epilogo, la forza e l’impatto di altri suoi romanzi, soprattutto i grandiosi Il mistero dell’inquisitore Eymerich e Cherudek, ma che risolleva le quotazioni qualitative dopo due opere un po’ sottotono come Il castello di Eymerich e La luce di Orione.

A parte le legittime preferenze personali, una grande e meritevole conclusione, per una delle saghe sci-fi/horror/fantasy/hystorical-thriller più significative in Italia, e non solo.

« Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me, fons pietatis. »


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