Di Gabriella Maddaloni. Reyhaneh Jabbari, la giovane iraniana di 26 anni e condannata a morte per aver ucciso nel 2007, a 19 anni, l’uomo che tentò di usarle violenza, dovrebbe negare il tentato stupro per aver salva la vita.
È quanto pretende, senza scendere a compromessi, il figlio maggiore di Morteza Sarbandi, l’ex funzionario dell’intelligence irachena che, tentando di abusare di Reyaneh, fu da lei accoltellato alla schiena. La ragazza avrebbe dovuto essere impiccata lo scorso 30 settembre, dopo anni di indagini sommarie da parte delle autorità iraniane, che si sono sempre rifiutate a priori di credere a quanto affermato dalla ragazza. Reyaneh ha sempre dichiarato di aver ucciso l’uomo per legittima difesa.
Grazie alla mobilitazione internazionale e alle pressioni su Teheran dei vari organismi istituzionali Occidentali- l’Iran punta infatti a un dialogo con l’Occidente – la sentenza di impiccagione è stata rinviata di 10 giorni. Reyaneh è ancora viva al momento, ma la sua salvezza può arrivare solo a patto che lei rinneghi il tentato stupro in una richiesta scritta di perdono alla famiglia dell’uomo che ha ucciso. Cosa che la donna non ha minimamente intenzione di fare: “Meglio l’impiccagione che rinnegare: è una cosa impensabile”.
Amnesty International, Facebook, e Twitter sono impegnati da diversi giorni in una campagna “social” volta a sostenere la giovane e a salvarle la vita, così come l’Onu e l’Ue. Ciò che si chiede è un “giusto ed equo processo” prima di incriminare e condannare definitivamente Reyaneh.
Gli ultimi 7 anni non sono stati facili per questa giovane donna: oltre al tentativo di stupro, ha dovuto sopportare angherie e maltrattamenti di ogni tipo in prigione. Non le è stato inizialmente concesso neppure un avvocato per difendersi. Non è la prima donna mediorientale a trovarsi in una situazione simile ; il suo caso è stato portato alla ribalta dai media internazionali. Quante Reyaneh sono state e sono ancora uccise dal silenzio e dall’indifferenza?
L’Iran, come anche altri Paesi mediorientali, vorrebbe avere un dialogo con l’Occidente,difficile da instaurare con questi presupposti. Pochi giorni fa una giovane diciassettenne pakistana,è stata premiata col Nobel per la Pace per il suo coraggio, mostrato nelle battaglie a favore dell’istruzione e dei diritti delle donne. E oggi una donna iraniana, mediorientale come Malala, rischia di essere impiccata per essersi difesa da uno stupro. Una contraddizione atroce, che non può non essere evidenziata mentre si riflette su questa storia.