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Ribellione e destino nei Sei Personaggi

Creato il 08 agosto 2014 da Cremonademocratica @paolozignani

G.W.F. Hegel non poteva essere d’accordo e lo scriveva con chiarezza: la vita di un uomo non può essere identificata in un atto. Stava pensando, lo straordinario filosofo, alla filosofia del diritto e agli effetti di una sentenza. La vita di un uomo è una storia, eppure la sentenza ferma il divenire e lo fissa in un solo atto. E’ giusto che tutto quel che segue non debba esser considerato, per quanto grave sia quell’istante, fosse anche l’istante di un omicidio. Pirandello non era certo storicista e sulla filosofia amava scherzare e fare dell’ironia con particolare finezza. Nel Fu Mattia Pascal nominava il De Meis, già sottosegretario del ministro alla cultura De Sanctis (oggi gli succede Franceschini), sfiorando pensieri e azioni rivoluzionari. Solo sfiorando.

Quella Passione che domina i Sei Personaggi, che Pirandello attribuisce alla Natura di cui l’autore, seppur disertore, si deve sviluppare in modo fatale, come in un destino già deciso. Inevitabile, in grado di affascinare lo sguardo di chi osservi la scena recitata dai Personaggi fino alla catastrofe.

L’abbraccio incestuoso, il grido d’orrore della madre, il suicido del figlio minorenne e della bambina.

Esiste solo questa Passione che esegue. I Personaggi sanno che fare, l’autore non li ha elaborati, la razionalità, il senso della forma d’arte non li ha plasmati e regolati: una forza, la Passione, li muove, li agita. Una forza che agisce ciecamente. Si presenta, si impone. E’ una passionalità che dipende da una moralità tipica dell’Ottocento. A propria volta non ci sarebbe alcuna tragedia, nella vicenda dei Sei Personaggi, se essi non credessero in regole morali, in un tipo di famiglia, in doveri, diritti, se non mettessero in discussione i loro stessi desideri, pur non potendo resistervi. E’ un essere istintivo, predeterminato, un automa. I Sei Personaggi sono macchine passionali. Gli ingranaggi che li avvinghiano tra di loro sono partiti, essi sono legati insieme, concatenati, possono dimenarsi, ribellarsi, ma non fuggire, possono volere esistere, anzi devono esistere, lo richiedono, eppure non possono esseri liberi. Chi mette in movimento queste macchine morali, caratteriali, è una morale, un ordine sociale, familiare, economico ottocentesco, che ruota intorno a Madama Pace, personaggio terribile benché comico, ultima ad apparire sul palcoscenico, simbolo però del dissesto che si muove intorno a lei, impassibile, votata ad acquisire denaro, a sfruttare ragazze che si prostituiscono, a sfruttare nello stesso tempo il lavoro delle loro madri.

La libertà è impossibile. L’esistenza appartiene all’intreccio dei rapporti che le danno significato.

La Passione che muove i personaggi come burattini è l’ordine morale insostenibile dell’Ottocento. L’autore si rifiuta di farne rappresentazione teatrale ordinata e regolare. I Personaggi irrompono però spiegando da soli il disordine orribile che genera il sistema che li ha generati, la censura che li ha tolto loro una vita compiuta, un copione.

 


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