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Richard Carrier e «Proving History»: un'intervista sull'approccio storiografico bayesano

Creato il 01 aprile 2012 da Andream
Richard Carrier e «Proving History»: un'intervista sull'approccio storiografico bayesanoHo un certo interesse per gli studi sul Gesù storico, come facilmente comprensibile dal numero di articoli che hanno questo tag, e pertanto voglio segnalare un'intervista di John Loftus a Richard Carrier sul suo recente libro Proving History: Bayes's Theorem and the Quest for the Historical Jesus, in cui Carrier parla del Teorema di Bayes e della sua applicazione alla storiografia, di come tutti i criteri storiografici validi non siano altro che un'applicazione di questo teorema e, per quanto riguarda l'indagine del Gesù storico, che i criteri adottati in questo campo sono invalidi.
L'intervista si intitola, molto chiaramente, «An Interview With Richard Carrier About His Book, "Proving History"», e contiene diversi spunti interessanti, alcuni dei quali riporto qui, pur consigliando agli anglofoni di leggere l'originale.
Il primo punto è la critica di coloro che credono di aver confutato le critiche rivolte alla loro ricostruzione elaborando un'ipotesi che sia possibile, senza rendersi conto che è allo stesso tempo molto improbabile:
John: Parlaci dell'Assioma 5: «Ogni argomentazione che si basa sull'inferenza ‘possibile, dunque probabile’ è fallace».
Richard: In pratica, troppi storici (e non solo negli studi su Gesù; in ogni campo) credono di aver dimostrato la propria ipotesi se possono formulare una qualunque spiegazione plausibile. «Beh, sarebbe potuta andare così...» è ritenuta una confutazione adatta in qualunque caso. Ma questo è errato. L'esempio più evidente di questo errore compare nelle «armonizzazioni» fondamentaliste delle contraddizioni evangeliche: credono di aver «confutato» la conclusione che i Vangeli si contraddicano l'un l'altro se sono in grado di pensare a un modo qualunque di armonizzare le narrazioni, elaborando una storia stravagante che mette tutto insieme, assumendo un centinaio di cose non provate. Ma questo ignora il fatto che la narrazione è in realtà estremamente improbabile. Che Matteo stia deliberatamente contraddicendo Marco perché sta discutendo contro Marco è immensamente più probabile che Matteo e Marco stiano correttamente descrivendo esattamente gli stessi eventi. Così il fatto che quest'ultima ipotesi sia «possibile» è irrilevante per le nostre conclusioni. E le nostre conclusioni dovrebbero essere la spiegazione ampiamente più probabile delle testimonianze, non ciò che è meramente possibile. Questo è un caso semplice perché nessuno studioso sensato accetta tale sciocchezza armonizzante. Solo  i fondamentalisti demenziali pensano che sia convincente. Ma numerosi sofismi appaiono anche nelle argomentazioni sensate e maggioritarie.
Successivamente Carrier spiega perché affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie, e cosa si intende per «prove straordinarie»:
John: Quando si parla di affermazioni straordinarie, cosa richiede la matematica bayesiana, al fine di valutare la loro probabilità?
Richard: Per definizione, un'affermazione «stra-ordinaria» è un'affermazione improbabile: perché la parola stessa significa non ordinaria, e ordinario = comune = frequenza = probabile, quindi non ordinario = non comune = non frequenti = non probabile. Di solito, ovviamente, si riserva la parola «straordinario» non per qualcosa semplicemente poco comune, ma per qualcosa di estremamente raro, o anche così raro che in realtà non abbiamo alcuna prova affidabile che accada mai. Così, quando usiamo la parola in questo senso, stiamo dicendo che tale affermazione è estremamente improbabile in base a tutte le nostre conoscenze pregresse della storia dell'umanità e dell'universo.
Ciò che il teorema di Bayes ci dice è che è illogico credere ad una tale affermazione, a meno che le prove a favore di tale affermazione siano estremamente inverosimili nel caso di qualsiasi spiegazione eccetto quella straordinaria; anzi, le prove devono essere ancor meno verosimili nel caso delle altre spiegazioni di quanto la spiegazione straordinaria è inverosimile sulla base di tutta la conoscenza a priori. Così, affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Io do una dimostrazione logica di ciò in Proving Historym, in modo che tale principio non si possa nuovamente negare.
Una particolare attenzione è dedicata al criterio di imbarazzo, un criterio per giudicare la veridicità di una storia che si basa sull'idea che nessuno inventerebbe una storia che potrebbe mettere in difficoltà chi la considera vera: se un episodio della vita di Gesù, per esempio, è imbarazzante per i cristiani, secondo il criterio di imbarazzo tale episodio è probabilmente vero, in quanto i cristiani non avrebbero avuto motivo di inventarlo:
Per quanto riguarda la questione della crocifissione, la versione base [del criterio di imbarazzo] che senti è quella che è così imbarazzante che nessun cristiano l'avrebbe rivendicata a meno che non fosse vero. Ma questo può essere confutato con un unico esempio: anche la castrazione di Attis era imbarazzante, eppure nessuno sosterrebbe per questo motivo che ci debba essere stato davvero un Attis che realmente si è castrato. Probabilmente questo era ancora più imbarazzante di essere crocifisso, in quanto soffrire e morire eroicamente per le proprie convinzioni era quantomeno ammirevole in tutti i sistemi di valori allora esistenti, mentre castrare sé stesso era considerato come il più vergognoso di tutti i destini di un uomo. Eppure «nessuno se lo inventerebbe» chiaramente non è una rivendicazione logicamente valida in questo caso. Attis non è mai esistito, e un essere inesistente non può mai essersi castrato. Quindi chiaramente qualcuno se l'è inventato. Il suo essere imbarazzante non l'ha minimamente scoraggiato. E infatti questo è vero in tutta la storia delle religioni: i miti imbarazzanti erano (e in tutta onestà, sono tuttora) la norma, non l'eccezione.

John Loftus, «An Interview With Richard Carrier About His Book, "Proving History"», Debunking Christianity, 8 febbraio 2012.

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