
Sarah Jarrett, The Call of Spring
E vi ritrovo, cumulo di vecchie e nuove cose, affastellate e ben ordinate, noiose e splendide, faticose e lievi.
Il tempo che saltella, la primavera che non arriva, un'altra Pasqua fredda, mal di gola e raffreddore, cena e dieta, una vera pizza e un vero tiramisù dopo tanti pasti di cartone.
Libri e pagine e carta, dopo Kindle e ebook e file e pendrive.
Un trenta in un esame, un ragazzo timido e schivo uscito fuori incredibilmente da un bambino affettuoso e terribile.
Gatti rossi e (maledetti) piccioni sul balcone; flash di vita notturna, un nuovo palazzo cresciuto in distanza, filari di cipressi da cartolina, vento e un nuovo verde cupo.
Una coppia di ragazzini che ridono di nulla e giocano, come i bambini che erano appena ieri; eppure la loro confidenza sa di nuova vita, di costruzione, di mistero e mi fermo sospesa, in attesa, per non disturbare, non interrompere.
Sembra solo ieri che ero io, eri tu, eravamo noi quel verde, quell'attesa, quel trenta ad un esame, quella pizza e quella costruzione del futuro.
Ogni rinascita ha in sé il seme del passato. Ogni vita, nella sua ferma consapevolezza e grantica certezza di essere nuova, calpesta e ricalca le orme del passato.
Ecco perché la Pasqua è sempre affascinante e trascina stancamente in sé un grande mistero.