La donna si costituì parte civile al processo ai killer anche per conto dei nipotini rimasti orfani dei genitori: oltre alla Giammona, infatti, venne assassinato il marito Francesco Saporito.
Nel 2010 il ministro dell'Interno bocciò la richiesta della Somellini di accedere ai benefici di vittima della mafia. Ma la donna presentò ricorso al presidente della Repubblica attraverso gli avvocati Carmelo Franco e Mario Milone.
«Potevamo ricorrere anche al Tar - ha spiegato l'avvocato Franco - ma abbiamo preferito rivolgerci a Napolitano che ha fatto giustizia».
Il processo, in cui la donna si costituì parte civile è stato celebrato tra la fine degli anni '90 e i primi anni del 2000, davanti alla Corte d'Assise di Palermo. Gli imputati, tutti condannati, erano Leoluca Bagarella, Leonardo e Vito Vitale, Giovanni Brusca considerati gli autori materiali degli omicidi e Giovanni Riina, allora incensurato, figlio del capomafia Salvatore Riina. Per i boss il sospetto era che i Giammona fossero coinvolti in un fantomatico progetto, ispirato dalle cosche perdenti, per rapire Giovanni Riina.
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