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Ricordando Leonard Nimoy

Creato il 28 febbraio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

La camera delle bestemmie, colonna sonora “jul” dei Wardruna

Quando ho iniziato a praticare il giornalismo sapevo che prima o poi mi sarebbe capitato di scrivere  quello che nel gergo del mestiere viene chiamato un “coccodrillo”, vale a dire un breve articolo apologetico per ricordare un personaggio pubblico scomparso per l’occasione.

Capita a tutti prima o poi, qualunque sia il ramo del giornalismo che si decida di praticare.

Capita a maggior ragione se si scrive per una testata che si occupa di spettacolo.

Nulla di strano fino a qui, ma mai avrei pensato che il mio primo coccodrillo sarebbe stato per ricordare quello che credo sia in assoluto il mio attore preferito; che nel corso della sua carriera mi ha accompagnato dai sogni della mia infanzia ai giorni della mia adolescenza e maturità.

Sto parlando di lui, il dottor Spock della prima e insuperata serie classica di Star Trek, al secolo noto come Leonard Nimoy.

Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la televisione. Di mio la guardo pochissimo e non sono mai stato un fan accanito delle serie, né si può dire che l’infernale scatolone sia mai stato per la mia famiglia un punto di ritrovo serale, come invece succede in moltissime altre case.

Ma il vecchio Star Trek era l’eccezione una tantum che confermava questa regola.

Avevo sei anni, quando mia madre per la prima volta, conoscendo la mia precoce passione per il fantastico mi propinò il telefilm in questione.

Fu amore a prima vista e la sera ci si ritrovava davanti allo schermo per viaggiare insieme sull’astronave Enterprise, “alla ricerca di nuove forme di vita, nuove civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo era mai giunto prima”.

Ognuno aveva il suo personaggio preferito.

Mia madre ovviamente aveva una cotta per il capitano Kirk (William Shatner), mio padre ammiccava alla gioviale ironia del signor Scott (James Doohan), ma quello per cui stravedevo io era quell’allampanato tizio con le orecchie a punta che faceva perdere i gangheri a tutti con il suo opinabile senso della logica.

Ricordo che da piccolo cercavo di sublimare tutte le deficienze dovute alla mia attitudine “nerd” spingendo al massimo l’identificazione con il mio eroe.

Credo di aver passato l’intero corso delle medie ed elementari nel tentativo di raddrizzare i torti subiti da parte dei miei arroganti compagni di classe, più eleganti, sportivi e alla moda, cercando di praticare loro la micidiale mossa paralizzante vulcaniana.

Inutile dire che l’unico risultato che ottenni fu quello di rimediare un’invidiabile collezione di cappottoni.

Il carnevale poi era un appuntamento fisso quello di andare al cinema a vedere i lungometraggi.

Una delle esperienze più traumatiche della mia infanzia ovattata, fu senza dubbio la sequenza finale di “Star Trek – l’ira di khan” (1982) con la morte “temporanea” di Spock.

Non volevo crederci e mi piazzai piangendo sulla poltrona, deciso a non abbandonare la sala finchè il proiezionista non si fosse deciso a far resuscitare il mio adorato appuntito.

Provai anche a seguire le successive serie di Star Trek. Ma né The next generation, né tantomeno Voyager riuscirono a far breccia nel mio cuore.

Penso di essere stato anche uno dei pochi che ha seguito i lavori minori di Nimoy, dai cammei per la serie “Ai confini della realtà” al mitico “Terrore dallo spazio profondo”, remake dell’immortale capolavoro della fantascienza L’invasione degli ultracorpi.

In realtà pochissimi sanno che il nostro Leonard aveva anche un debole per il western regalandosi qualche divertente comparsata per “Bonanza”.

Meno ancora, nemmeno io, fino alle dovute ricerche per questo coccodrillo, lo conoscevano come musicista. Ma in effetti Nimoy volendo spaziare a tutto campo, pubblicò anche il disco “The way i feel” nel 1968.

In seguito, grazie al successo conseguito con Star Trek, diventa un’icona richiestissima.

Cammei e conduzioni televisive si susseguono uno dopo l’altra da Perry Mason a Mission Impossible.

Impossibile citare tutto.

Così come vasta fu la sua carriera teatrale che lo portò a cimentarsi nientepopodimeno che con William Shakespeare in “La dodicesima notte”, ricevendo peraltro l’unanime apprezzamento della critica.

Ma nel corso degli anni non dimenticò mai la sua creatura più bella, alla quale dovette gran parte del suo successo arrivando addirittura nel 1986 a dirigere e interpretare “Star Trek – rotta verso la terra”, pellicola che è anche manifesto della coscienza e dell’impegno ecologista che lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni.

Così come fino alla fine rimarrà legato all’universo di Gene Roddenberry, interpretando ormai in avanzata età anche gli ultimi due film della serie, “Star Trek – into the darkenss”  e “Star Trek – il futuro ha inizio” rispettivamente nel 2009 e nel 2013.

Il tutto nonostante il ritiro dalle scene annunciato nel 2010, ma mai veramente definitivo, se non per la morte, dopo lunga malattia, avvenuta  ieri, 27 febbraio 2015, alla veneranda età di 83 anni.

Con la sua dipartita viene a mancare uno degli ultimi artisti poliedrici della vecchia scuola, oltre che un raro esempio di attore che, pur dovendo molto ad un ruolo particolare, non rimase mai imprigionato negli stereotipi, né sentì mai come una prigionia quella del personaggio a cui il suo volto era maggiormente legato, ma visse tutto l’arco della sua carriera con la serenità della logica.

Una cosa non da poco, di questi tempi e in certi ambienti….

Ciao Leonard, grazie per i bellissimi sogni d’infanzia che hai saputo regalarmi.

Long live…. and prosperity!

Colonna sonora: Star Trek theme – Alexander Courage

Master Blaster


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