Ricordanze - Il punto di non ritorno

Da Giulietta88

Ero agitata, estremamente agitata.
Lo stomaco sottosopra, le unghie ormai sparite e le mani gelide avvolte nel sudore. Mi guardai freneticamente a destra e a sinistra cercando di cogliere cenni di tranquillità e di controllo. "Se lo fanno tutte queste persone puoi farlo anche tu" continuai a ripetermi.
La mia mano sinistra strinse la mano destra di Mirko, o meglio, la stritolò. Erano due mesi che in qualunque modo tentava di tranquillizzarmi, invano. Mi trovavo nel punto di non ritorno, da lì non potevo più scappare. Era giunto il momento di affrontare la mia più grande paura. Prima però torniamo indietro di qualche mese. 
Era una bellissima serata di fine settembre, quando il caldo concede gentilmente le ultime gocce di calore per poi sparire e lasciar posto al gelo. Mirko mi disse che aveva una sorpresa per me, il regalo del mio compleanno in anticipo. Per i miei vent'anni egli mi donò due biglietti aerei: una settimana di vacanza a Londra, e questo aveva un significato molto particolare perché lui sapeva quanta ansia mi mettesse il fatto di non aver mai preso l'aereo. Egli perciò mi diede la possibilità di affrontare e sconfiggere la mia paura. Un'occasione che non avrei perso per nulla al mondo. Credo che quella sia una serata che mai potrò scordare in vita mia, un ricordo indelebile, perché provai una felicità assurda, il cuore mi stava esplodendo nel petto e la notte non riuscii a dormire visto che continuai a sorridere per ore come una scema. Ironico vero? Avevo avuto una paura fottuta per anni eppure in quel momento non me ne fregò più niente. Molte persone sarebbero state terrorizzate al posto mio, io no. Ero solo felice di poter fare quella cosa perché avevo qualcuno che mi sarebbe stato vicino. Mi ricordo che ci abbracciammo forte, ricordo che le mie lacrime scaldarono il mio viso e i suoi baci erano dolci e rassicuranti come a volermi dire "non ti preoccupare, io resterò al tuo fianco, non aver paura". 
Avevo avuto poco più di due mesi per prepararmi al grande evento. Il primo giorno dell'anno la partenza era fissata per il pomeriggio e cominciai a sentire l'agitazione appena sveglia dopo una notte di baldoria con gli amici. Avevamo paura che ci fossero dei problemi in aeroporto visto che c'era un metro di neve sulle strade. Fortunatamente quando arrivammo al Catullo tutto era normale. Potevamo partire.La mia memoria ricorda perfettamente quello che successe dopo aver fatto il check-in. Eravamo seduti vicini aspettando che chiamassero il nostro volo e ogni volta che l'altoparlante annunciava una partenza scattavo in piedi come una marmotta. Prima o poi avrei fatto un infarto se non mi fossi calmata. Perché avere paura? Non lo so, non sono mai riuscita a spiegarmelo del tutto, forse mi spaventava il fatto di non avere il controllo della situazione nel momento in cui sarei stata a diecimila metri d'altezza. O forse l'ansia verso qualcosa di completamente sconosciuto e il terrore che non mi sarebbe piaciuto.Fatto sta che nel giro di poco chiamarono il nostro volo, Mirko non lasciò mai la mia mano e salimmo insieme sulla navetta che ci portò davanti all'aereo. Era piccolo. Decisamente piccolo. Quasi più piccolo dell'autobus che tutte le mattine mi portava a scuola. Quando salii le scalette ed entrai dissi a me stessa "tu non soffri di claustrofobia, forza e coraggio". I nostri posti erano praticamente quelli più in fondo di tutti. Mi misi accanto al finestrino perché subito mi sembrò una buona idea ma appena mi sedetti me ne pentii, perché si stava stretti e sentivo le pareti dell'aereo che mi schiacciavano. Possibile che quella scatola di sardine ci avrebbe portato in cielo a migliaia di chilometri dalla Terra? Stavo sudando freddo, se non avessi avuto Mirko al mio fianco sarei sicuramente scappata.
Passarono alcuni minuti e la paura non diminuì. Arrivarono persino degli addetti ai lavori per sghiacciare le ali, il che mi mise ancora più ansia. Ad un certo punto l'aereo si mosse: il fatto di muoversi rese più reale la situazione e questo non so come mi calmò. Mi stavo quasi divertendo, mi girai verso Mirko e sorrisi. Subito dopo però non ero più così felice. L'aereo cominciò la sua corsa e prese una velocità impensabile, una sensazione che mai avevo provato né immaginato prima. Per la paura chiusi gli occhi in attesa che tutto finisse appena possibile e poi ecco che spiccammo il volo. Credo di avere ancora oggi lo stomaco al posto dell'intestino ma non importa perché fu favolosamente magico. "Apri gli occhi sciocca!" mi disse Mirko. Io lentamente li aprii. Pazzesco, nel giro di pochi secondi eravamo in mezzo alle nuvole e l'aereo ci mise pochissimo a stabilizzarsi. Era la cosa più incredibile che avessi mai provato in vita mia. Dall'oblò riuscii a vedere la cima di tutte le montagne che stavano sotto di noi e le nuvole sembravano panna montata. Il cielo non era mai stato così bello, ed era sicuramente lo spettacolo più splendido che avessi mai avuto occasione di vedere con i miei occhi. In quel momento mi resi conto di quanto può fare l'uomo, dell'intelligenza che ha spinto certi uomini a creare una macchina così perfetta, così stupefacente da poter portare un essere umano in cielo. 
La sensazione che provai a stare in aria era davvero meravigliosa, al punto che non mi ricordai più perché prima avessi avuto tanta paura. "Voglio girare il mondo insieme a te" dissi a Mirko mentre sorvolavamo chissà quale luogo. Lui mi sorrise dolcemente e poi si addormentò dalla stanchezza.Mi girai verso il finestrino e non riuscii più a staccare gli occhi dall'orizzonte. 
Dalle Ricordanze di Giulia

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