Ricordate Tafazzi? Si chiama Roberto (Maroni)
Creato il 23 novembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Sul QI dei leghisti ci siamo espressi in parecchie occasioni. Dopo aver visto su You Tube la performance dei consiglieri comunali “verdi” in una chiesa di Monaco di Baviera dopo una serata all’Oktober Fest, ci siamo resi conto ancora di più che il popolo del Nord ha gli Odini che merita. Ieri sera il trionfo. Cinque minuti di pura propaganda leghista (senza contraddittorio) a Vieni via con me, con il risultato che l’imposizione a Fazio e Saviano dell’ospitata a Maroni Roberto detto Bobo, è stata una tafazzata colossale. Come qualcuno ricorderà, Tafazzi era un personaggio inventato da Aldo, Giovanni e Giacomo che nella vita aveva uno scopo, prendersi a randellate fra le palle. Nulla di originale, direte, visto che una quarantina di milioni di italiani lo fanno ogni giorno e ogni volta che vanno a votare, ma ieri sera il Tafazzi era solo uno, talmente pieno di sé che per cinque minuti di celebrità se n’è beccati 145 di fracassamento di attributi. Ci era sembrato strano che il gruppo di lavoro della trasmissione più seguita nella storia di Rai3, avesse accettato supinamente di ospitare la lista della spesa pro-Lega e infatti. A non voler essere proprio cinici potremmo dire che i tre quarti di Vieni via con me sono stati costruiti intorno, e contro, Maroni e al suo delirio di onnipotenza giustizialista. Ai tanti meriti che si è attribuito, gli hanno risposto colpo su colpo con i fatti, la cronaca, la storia. E mentre Maroni era impegnato al trucco, davanti alle telecamere appariva Manlio Milani che leggeva l’elenco dei morti della strage di Brescia ancora in attesa di giustizia. Mentre Maroni usciva, entrava in scena Ilaria Cucchi sorella di Stefano, che per essere un po’ poetici potremmo dire che era “uscito già morto di galera”. Poi Luigi Manconi e le carceri, la terribile situazioni delle carceri italiane che non vantano sicuramente alte percentuali di riabilitazioni ma di suicidi si. E poi ancora gli immigrati “trampolieri” di Brescia e le regole violente dei permessi di soggiorno, e poi la violenza sulle donne, e poi la dignità nostalgica di un congolese e il senso del “fare” vero e non propagandistico di Renzo Piano. Ad un certo punto ci siamo resi conto che gli autori di Vieni via con me avevano confezionato un menù talmente indigesto al ministro Maroni che la sua presenza in studio ha contribuito a rendere evidente l’assoluta inadeguatezza di questo governo di mezze seghe con un filo di fazzoletto verde che faceva capolino dal taschino della giacca. Maroni, sempre impegnato al trucco, non si è assolutamente accorto che stava andando in onda l’Italia opposta a quella che lui avrebbe di lì a poco disegnato, fatta di successi alla lotta contro la criminalità, di sequestri di beni ai mafiosi, di leggi speciali come lo “scudo fiscale” ma anche come quella sulla "tracciabilità" che il suo governo aveva tolto e poi ripristinato perché invenzione dell’interregno prodiano. Assegnandosi tutti i meriti dei successi alla lotta alla criminalità, Maroni ha appena accennato alla magistratura e a quelle forze dell’ordine alle quali il suo governo ha tagliato i fondi perfino per la benzina delle auto. Magari fra un rutto e l’altro, i leghisti presenti al Bar dello Sport di Adro avranno gioito della presenza di Maroni in studio, ma sicuramente non si saranno resi conto che forse sarebbe stato meglio fosse rimasto al Viminale o a Varese a suonare le tastiere. A nobilitare il nord ci ha pensato un prete, un bresciano doc che ha sconfitto la paura a Lamezia Terme. Don Giacomo Panizza ha portato i suoi drop-out a vivere in un palazzo confiscato alla ‘ndrangheta rischiando una pallottola alla schiena, e il pericolo c’è ancora. Ma la storia di don Giacomo che ama il sud è, davvero, una storia diversa da quello del Tafazzi della Padania
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