Vampa rossa sulla pelle, lungo il corpo; sudore che non si rimargina neppure verso sera. Calura, gialla marrone calura, vampa rossa persino fra i capelli.
Il respiro che si fa fondo, affrettato; più nessuna voglia di fare, soltanto di stare, stare sdraiata all’ombra, pensare, lasciare le membra assolate risparmiare forza per un altro giorno più clemente.
Afa nel pomeriggio ormai tardo di un mercoledì – otto luglio duemilaquindici – Piemonte come Africa, colline come dune nel deserto.
La pelle bruciava come adesso – non potrai mai più dimenticarlo – ed era Piemonte come Africa, colline riarse come dune nel deserto. Erano tanti anni fa, era un tempo passato ormai da tanto. Camminavi lungo la battigia e sollevavi quella gonna a fiori, quattro balze sempre più larghe verso il fondo, perchè l’onda non la bagnasse. Arrivavano però quasi sino alle spalle nude e rosse gli spuzzi del mare di Toscana.
Otto luglio – molto prima del duemila, forse duemila anni fa – e con l’altra mano tenevi le infradito di plastica, quelle azzurre, quelle che hai trovato in cantina l’altra sera.
Bruciavano anche le gambe, avevi preso troppo sole come sempre anche se avevi lasciato casa al mattino presto con il primo treno, quello delle sei e venti ed il viaggio sino a Viareggio era stato lungo. Poi il mare di Toscana, la spiaggia gialla al tramonto, la scoperta di un’acqua più calda e più calma di quella di Liguria, l’attesa della sera sulla spiaggia, proprio a sera lo attendevi. La sua figura si stagliava all’improvviso contro il sole e quasi non ne riconoscevi i lineamenti: era lui, però, era proprio lui che avevi ritrovato nonostante.
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