Magazine Pari Opportunità

Ricordiamo Giulia Galiotto, pretendiamo giustizia

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Quanto può essere pesante una data sul calendario? Oggi è l’11 febbraio.

Giulia Galiotto aveva 30 anni, e l’11 febbraio del 2009 è stata assassinata a colpi di pietra da suo marito Marco Manzini.

Da quando ho letto questo post scritto da Faby e da quando ho visto la puntata di Amore Criminale dedicata alla sua storia, non riesco a non pensarla. La sua foto, come quelle delle troppe vittime di femminicidio, mi è entrata in testa e non se ne vuole andare. Un sorriso spettacolare, impossibile dimenticarla. Lei, una delle troppe donne uccise dal proprio sposo, compagno, presunto migliore amico.

Non voglio spettacolarizzare nulla, ma ci sono risposte di cui la famiglia di Giulia ha ancora bisogno. C’è bisogno, per loro e per noi, di sapere che la giustizia esiste, e che chi sbaglia paga. Perché dinnanzi a vicende come questa, e ce ne sono purtroppo davvero tante, le sfumature non esistono.

Marco l’ha attirata nel garage dei genitori, l’ha colpita ripetutamente a morte, si è cambiato, l’ha infilata in un sacco, trascinata via, ha inscenato un suicidio gettandola in un fiume, ha riutilizzato una lettera scritta da lei 4 anni prima, ha pulito minuziosamente la sua macchina. 

Eppure alla condanna per omicidio non è stata accolta la premeditazione.

Non capisco. E per questo chiedo giustizia.

Giustizia per Giulia, giovane vittima dell’odio e dell’incapacità di comunicare se non attraverso un meschino atto di violenza. Uccisa perché donna, perché tollerante, perché vulnerabile. Uccisa perché moglie e in quanto tale, in un momento di difficoltà, considerata un ostacolo? Giulia voleva divorziare, stava per mettersi in salvo. Non ha fatto in tempo. Era ancora pronta ad ascoltare, a seguire il corso degli eventi.

Non si può morire così, guardando negli occhi la persona che hai sposato prenderti a sassate, aggredirti come una furia. Dinnanzi a reati di questo genere, gli organi competenti non dovrebbero mostrare tentennamenti o indecisioni.

Chiedo giustizia per chi da tre anni non può darsi pace: la famiglia Galiotto, una famiglia davvero formidabile. Penso a mamma Giovanna, dignitosa e determinata, un bellissimo modo di parlare. E alla sorella Elena, colpita così giovane da un dolore insormontabile.

E chiedo giustizia per tutte le donne vittime di violenza coniugale. Perché Giulia siamo tutte noi.

E non possiamo permettere che la sua tragica, maledetta, ingiustificabile scomparsa ci lasci indifferenti.

Se non sbaglio, il 28 marzo ci sarà l’appello in corte d’Assise a Bologna.

Non lasciamo che mamma, la sorella e il papà di Giulia si sentano soli in questa lotta. Facciamo sentire la nostra presenza anche a chi si sta occupando di questo caso.

In Italia succedono cose strane, sentenze inaccettabili normalizzano abominii, stupri di gruppo e femminicidi considerandoli non premeditati. Vizio parziale di mente? Ma chi vogliono prendere in giro?

La violenza di genere va riconosciuta e combattuta con sentenze modello.

Chi deresponsabilizza, giustifica, insabbia è complice.

Mostriamo tolleranza zero e non  lasciamo che questo accada.

Continuiamo a vegliare e facciamo sentire il peso della nostra attenzione.

Qui un’intervista rilasciata da Giovanna Ferrari, mamma di Giulia, a cui va tutta la nostra stima.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :