vedere il film era un atto dovuto, dopo tutto quello che il libro mi aveva dato. lo avevo letto intorno ai diciotto, me lo regalò lei con un mezzo sorriso sulle labbra e lo sguardo che mi penetrava l'anima. lo bevvi tutto d'un fiato, in nemmeno una settimana. leggevo accanto a lei: sui treni per le amene località balneari della costa adriatica; sul pontile umido dei traghetti, rumorosi e sgradevoli, ché la poltrona proprio non ci andava; sulle spiagge scogliose; nei parcheggi delle stazioni, nel letto di casa sua. era un periodo di allegra euforia, o forse di allegro furore, potendo- oggi, purtroppo- parlare a posteriori. non sapevo che sarei rimasto così tanto legato a un libro, e al suo ricordo. ancora adesso, mi sembra (e mi sento) ridicolo. ma i ricordi- parafrasando proprio Murakami all'inizio dell'opera- vanno coltivati e curati, altrimenti diventano sfocati e imprendibili e, alla fine, muoiono.
I. il film
al di là di qualsiasi distorsione personale, il film è un buon film. praticamente è la mera riproduzione per immagini del lapidario testo, con pochi fronzoli e, sostanzialmente, invariato. scavando un po' più a fondo della superficiale evoluzione narrativa (gli intrecci, le relazioni e tutto il resto) diventa ben chiaro che si tratta di un film (e di un libro) sulla transitorietà. si parla di amori (platonici) folli, di carezze, sussurri, sguardi; pochi sorrisi, poche parole. parla il vento- o il mare- al posto dei personaggi. ciascuno di essi cerca una posizione e, quindi, un'identità. c'è chi è incapace di darsela (Kizuki, Naoko, Hitsumi) e preferisce farsi trascinare, sprofondare e spegnersi per sempre; c'è chi mette su una corazza (Midori) perché ha paura, perché ha sofferto tanto e non vuole soffrire più, perché è più facile nascondere e star male piuttosto che aprirsi e avere fiducia; chi risponde alla vita con cinismo (Nagasawa), come se questa fosse l'unica maniera sensata per rispondere alla vita. c'è, infine, Toru (alias Murakami) che ci racconta la sua storia di formazione e lo fa con una sincerità che lascia spiazzati: sembra il più solido e stabile, l'unico che può tentare di farcela senza eccedere in estremi. ma sempre rimanendo ancorato ai ricordi: guai a farseli portare via.
titolo originale: Noruwei no moriun film di Tran Anh Hung2010
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