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Rifiuto scolastico: cause e possibili interventi

Da Psychomer
by Laura Solito on dicembre 19, 2012

La scuola rappresenta un ambiente importante, ricco di stimolazioni, non solo sotto il profilo cognitivo ma anche socio-educativo. Non sempre però viene vissuta con serenità anzi, spesso è causa di disagio e malessere, provocando veri e propri sintomi (anche fisici) e condizionando negativamente il processo di apprendimento del bambino.

Quali sono le cause e come intervenire:

innanzitutto occorre distinguere tra i fattori legati all’ambiente scolastico (insofferenza per lo studio, difficile rapporto con i compagni o l’insegnante ) e quelli legati all’ambiente familiare (difficoltà a staccarsi dalla madre, iperprotettività da parte dei genitori ecc..).

In ogni caso, fondamentale è il ruolo dei genitori, i quali devono ascoltare il bambino, decodificare i messaggi “inconsci”, “leggere” eventuali sintomi psicosomatici e comprendere cosa si nasconde dietro al malessere (si tratta di angoscia o capriccio?).

Quante volte è capitato di osservare dormire quell’angioletto e di vederlo poi trasformarsi in un terribile e poco gestibile diavoletto? Tuttavia ciò non è sempre facile e spesso il genitore si ritrova disorientato, non riuscendo a capire come comportarsi.

Un aspetto cruciale è la gravità dei sintomi: spesso il bambino apprende il significato della protesta ed impara ad utilizzare i capricci come strumenti per l’ottenimento di qualcosa, oppure per l’eliminazione di un contesto semplicemente nuovo o poco piacevole ( a lungo andare un simile atteggiamento può diventare pericoloso e condurre all’ incapacità di gestire le difficoltà della vita).

Il bambino dovrebbe invece pensare : “se esiste un problema posso risolverlo“. In questo modo egli rafforzerà la fiducia in se stesso e imparerà a crescere.

Esistono però, casi un po’ più complessi, in cui compaiono vere e proprie manifestazioni somatiche quali incapacità di dormire, mal di pancia, mal di testa ,vomito, nausea ecc. Questi comportamenti possono essere sintomo di un disturbo di ansia da separazione, mentre nei casi in cui il disagio non è legato alle figure di riferimento, può trattarsi di fobia sociale.

Quando il problema è l’ ansia da separazione tutti i comportamenti del bambino sono finalizzati al controllo delle situazioni per rassicurarsi, per esempio egli manifesta la tendenza a chiamare continuamente i genitori o ad avere crisi di pianto quando questi si allontanano, i quali, spesso angosciati, attuano erroneamente comportamenti iperprotettivi (come telefonare continuamente al bambino per sapere come sta oppure il gestire la loro vita in modo da non lasciarlo mai solo). Occorre evitare di rimproverare il bambino (ma neanche assecondarlo se piange e non vuole andare a scuola) e dialogare serenamente con lui (per esempio attraverso il racconto della propria esperienza scolastica, delle emozioni vissute o delle amicizie instaurate), descrivendo la scuola come una giocosa ed emozionante avventura.

Se possibile il genitore può rimanere qualche minuto a scuola con il bambino prima di salutarlo, ma solo per qualche minuto, evitando di abbandonarlo di nascosto (ciò scatenerebbe vere e proprie crisi di pianto aggravando la situazione).

Altre volte la paura della scuola rientra in una forma di fobia sociale: il bambino appare terrorizzato perché ha paura di sembrare impacciato o goffo davanti agli altri, teme gli scambi sociali e si dimostra totalmente condizionato dal giudizio altrui. Questo tipo di paura è più frequente nei maschi e può creare panico, apatia e disinteresse generale.

Concludendo l’eziologia dei disturbi può essere varia e multifattoriale: vi può essere una predisposizione di natura genetica , ma anche un aspetto di personalità, per esempio una dipendenza dalla figure genitoriali, oppure un’insofferenza per lo studio con o senza difficoltà di apprendimento.

Altre volte l’evento scatenante può verificarsi in seguito ad eventi traumatici o particolarmente stressanti (malattie o morte di una persona cara, furti, trasferimenti, separazione dei genitori).

Fortunatamente si tratta spesso di un malessere passeggero ed è interessante notare come nella maggior parte dei casi sembra che i bambini riescano a tollerare e gestire meglio il disagio quando i genitori sono in grado di percepire i reali bisogni del proprio figlio e di intervenire nei momenti di effettivo bisogno, allontanandosi invece quando ciò è necessario per la crescita.

L’intervento deve coinvolgere tutto il contesto educativo del bambino (familiare e scolastico) e, solo se il problema sussiste , chiedere quello dello psicologo che, naturalmente , deve partire da una valutazione ancor più completa e globale, valutando la personalità, le dinamiche del contesto familiare, le esperienze di vita, il contesto relazionale ed emotivo.

Di fondamentale importanza è il lavoro sull’ansia (quando presente) e sul rafforzamento del senso di autostima.

In ogni caso è opportuno agire il prima possibile, ma mai drammatizzare ( le preoccupazioni vengono spesso trasferite) o sottovalutare la situazione.

Spesso la paura della scuola fa parte di un processo fisiologico e se alla base non ci sono disturbi più complessi, svanirà nel giro di settimane, rappresentando un passaggio obbligatorio e fondamentale nell’evoluzione del bambino. L’importante è che i genitori siano sempre figure autorevoli, calme e coerenti, capaci di trasmettere poche e semplici regole, ricordandosi poi di farle rispettare, facendo comprendere al proprio figlio che la scuola è un percorso importante dal quale dipenderà poi il suo futuro.

 


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