Non sono stata mai una donna particolarmente sicura di me: ho dovuto rispecchiarmi sempre nelle parole degli altri per capire me stessa.
Sicuramente la radice di tutto questo mio bisogno di conferme risiede nella mia infanzia, nel rapporto con mia madre, nella mancanza di parole di approvazione, tali da farmi sentire importante. Poi gli amori che ho avuto, ognuno capace di scardinare quel poco che di me riuscivo a costruire. Sembra banale, forse quasi ovvio, ma un amore felice, appagante, sereno (esiste?) è importante per farci sentire, come diceva Thomas Mann, “cittadini del mondo”. Invece io mi sono sentita sempre ai margini. Ai margini della mia vita, ai margini del rapporto con gli altri, ai margini di una relazione.
Oggi ricevo consensi per quella che sono e un po’ ci credo, e mi piace. Allora mi dico: ma dipende dagli altri l’autostima personale, oppure è un lavoro interiore? non so rispondermi! Però penso che quello che siamo è in potenza, come diceva Aristotele, ma noi non sempre, vuoi per fragilità, per paura, siamo capaci di portarlo all’atto, e spesso gli altri, restituiscono alla nostra coscienza quello che spesso abbiamo timore di credere.