Magazine Maternità
Avevo preparato il post scherzoso. Avevo iniziato a scriverlo, senza terminarlo, e mi riproponevo di farlo oggi.
Oggi non ce la faccio.
Spossata dall'ennesima sfuriata nata dal nulla e nel nulla conclusasi, sento invece il bisogno di fermarmi a buttar giù nervosismi ed esasperazioni.
Poco male: è sabato, faranno almeno 35 gradi, fuori c'è un sole che spacca e tutti voi sarete al mare, o in giro, non certo a leggere queste mie sbrodolate.
Succede che lei esploda, così, di punto in bianco, senza un motivo apparente, come una bomba di rabbia. Manco a dire che tutta questa furia nasca da qualcosa, a volte non riesco neppure a capire cos'è che l'ha contrariata.
Ricordo che qualche tempo fa su Genitoricrescono fu lanciato come tema del mese proprio questo: la rabbia, e la difficoltà di arginarla. Non scrissi niente, ma mi ritrovai in molte delle cose che lessi a proposito.
Diciamo che la pupa è stata fin da neonata soggetta a enormi esplosioni di furia devastatrice, capace di disintegrare completamente il mio sistema nervoso e di farmi sentire in completa balìa dei suoi umori, perché incapace di controllarli, incapace di prevederli, e quindi anche di prevenirli, incapace di fronteggiarli e incapace infine anche di controllare le mie reazioni alle sue sfuriate. Che molto spesso non mi hanno lasciata contenta di me.
Quale deve essere il compito di un genitore in questi casi? Soprintendere alla rabbia del piccolo indemoniato che ancora non è in grado di gestirla, per una naturale immaturità emotiva.
Io invece esplodo a mia volta.
Non c'è niente come le urla isteriche, la crisi di pianto che degenera in accessi di vomito, capace di farmi saltare del tutto i nervi, e allora esplodo anch'io.
Sono consapevole che il mio alzare la voce all'improvviso, quando il vaso è colmo, al di sopra del volume della sua, i miei scatti di ira repentini, il mio improvviso allontanarla da me in malo modo, molto spesso perché sento che mi verrebbe voglia di prenderla a schiaffi, e me la voglio togliere di torno, non sono né educativi né contribuiscono in alcun modo a finalizzare il mio obiettivo principe: che lei smetta di frignare, e in questo modo permettere anche a me di recuperare il controllo di me.
E' uno spaventoso turbine di crescente vento di rabbia che si trasmette da lei a me e poi ancora a lei che in finale mi fa ritrovare sconfitta.
Con l'infittirsi dei capricci nell'ultimo periodo, con la sua presa di coscienza di poter determinare ciò che accade intorno a lei e la sua resistenza ad accettare che non sempre tutto può essere come vuole lei, è un continuo logorio dei nervi, ma è anche vero che ora mi ritrovo davanti una bambina capace di intendere in parte le ragioni della controparte, se non proprio di accettarle.
E poi provi con le buone (cosa c'è che non va, Mimi, perché sei arrabbiata? Dimmelo senza piangere, così capisco), provi con gli avvertimenti (ora basta frignare, ché non c'è proprio motivo. Se non mi spieghi cosa vuoi ti lascio qui e me ne vado), provi a fare come se nulla fosse, cambi argomento, continui a fare quello che stavi facendo prima ma lei si oppone con tutte le forze, inizia a buttare all'aria ogni cosa, sbraita più forte. Sei sicura che ha già dimenticato il motivo per cui piangeva, che oltretutto non vale l'entità della sfuriata.
Alla fine ci provi, ad ignorarla fino in fondo, finché non smette, e intanto ti senti salire la rabbia pure dentro, e sai che ti devi allontanare da lì, se no esplodi anche tu, e addio pace domestica.
Me ne sono andata, l'ho lasciata piangente sul letto, nuda, i capelli ancora bagnati, col fon in mano, spento, ché era quello il momento in cui la furia l'aveva colta. Ho iniziato a fare le mie cose, ho messo la musica, alta, che mi coprisse le urla. Piano piano la rabbia mi sbolliva, anche se la sentivo ancora, nelle pause musicali, urlare più forte per farsi sentire, e dire qualcosa tipo "Anco'a!" che non aveva senso perché io ho smesso di asciugarle i capelli solo dopo che la sua crisi isterica mi aveva reso impossibile quel lavoro, e quindi non era certo legata a quello, l'origine della sua rabbia. Ma così, forse la difficoltà stessa di spiegare il suo malessere, il suo desiderio frustrato alimentano quella rabbia, come ora il mio disinteressarmene.
Ma non cedo, scavo nei miei ricordi a quando ancora ero solita istruirmi dei saggi insegnamenti di SOS Tata, quando ancora non ne avevo mai avuto bisogno, e credevo ancora che un metodo bastasse a risolvere i problemi. Non è così semplice: ciò che il metodo non contempla sono le tue reazioni emotive, le tue contraddizioni interiori.
Dunque, prima di poter insegnare alla pupa l'autocontrollo, devo imparare io a dominarmi, a non farmi toccare da quegli eccessi di rabbia contagiosi, ad agire anche in quei frangenti da benevola educatrice, benevola e comprensiva, che sa come deve comportarsi. E lo fa.
Invece, poi, quando la rabbia ti passa e la senti ancora frignare, ti chiedi: ma sarà poi giusto lasciare che si sbudelli così le corde vocali? E sono già trenta minuti buoni che lei urla. Smette a tratti, poi ti vede passare, che rimetti in ordine gli oggetti che ti sono serviti per il bagnetto, e ricomincia a urlare, come per dirti "Ehi, ma che ti sei scordata di me? Guarda che io stavo piangendo: quando vieni a consolarmi?"
E ti chiedi anche se non suona anche quello come un ricatto, come quelle madri che dicono: "Se fai i capricci mamma non ti vuole più bene", perché in fondo è quello che le sto dicendo con l'atteggiamento: se rompi i coglioni, mamma non ne vuole sapere più nulla di te, e farà come se tu non esistessi.
Ma forse, dice l'altra me stessa, è giusto invece che lei capisca che quello che io non considero non è il suo dolore, quanto il suo atteggiamento sbagliato, non è lei, è il suo capriccio. Che è sbagliato lo sa, glie l'ho detto decine di volte che le cose le deve dire senza urlare.
E poi magari ora ha semplicemente voglia di urlare, come te quando qualcosa dentro ti agita e vuoi buttarla fuori, e allora lasciamola scaricare.
Solo che questa è peggio del panda della Duracel, dura di più, MOLTO di più...
Alla fine se ne stava seduta sul letto, nuda, come l'avevo mollata, con un'espressione sfinita e sguardo assente. Io ho finito di lavarmi e preparare il pranzo, mentre piangeva, senza dire niente mi sono avvicinata e ho iniziato a vestirla. Le ho detto: "Allora, dove eravamo rimaste? Stavi togliendo le mollettine dalla custodia?"
Lei ha ricominciato a togliere le mollettine dalla custodia, come se in mezzo non ci fosse stato niente.
Me le passava una per una e io dicevo grazie, e lei diceva prego.
"Ora ti asciugo i capelli. Va bene?"
Come un pupazzo rotto si è fatta finire di asciugare e vestire.
"Lo sai che quando urli mamma non capisce cosa vuoi. Quando Mimi vuole qualcosa, deve dirlo a mamma, non urlare".
E chissà se faccio bene a tornare sull'argomento, ora che tutto è passato, farei meglio a lasciar perdere? E anche se non risponde e anche se probabilmente non posso aspettarmi che memorizzi e metta in pratica il saggio precetto, sento di dover giustificare il mio disinteresse. "Quando urli, mamma si allontana, poi aspetta che Mimi ha finito di urlare, e poi torna. Mamma non ti lascia mai mai..."
"Non ti lascia mai mai.."
E' questo il nostro codice, quel "mai mai" messo a punto durante le pedalate verso il nido, che rassicura come una formula magica.
Mi chiedo se sia possibile eliminare del tutto dal processo educativo verso un figlio la violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti. Non è forse una forma di violenza ignorare deliberatamente una richiesta di intervento fino a che non ottieni quello che desideri (la sua resa)? Io faccio violenza a me stessa, e alla fine mi sento spossata.
Che poi lo so che lei avrebbe smesso di piangere anche se io fossi andata a consolarla, a un certo punto, prima che fosse sfinita fino alla fine, che il suo pianto a una certa s'è trasformato da sfogo di rabbia in richiesta di armistizio: "Mamma, vieni da me, se mi consoli smetterò di piangere".
Allora, chi è che ricatta chi?
E' tutto un equilibrio delicato tra amor proprio e bisogno dell'altro, e bisogna imparare anche che gli altri non saranno sempre disposti a stare ai tuoi tempi, cara pupa, e che reagiscono esattamente come te di fronte alle frustrazioni, e che a volte dovrai essere tu la prima a cedere.
Detta da una che nella vita ha abbozzato quasi sempre, è una conquista!
PS.
Sulla rabbia infantile ho visto in libreria questo libro, molto carino, e un pensierino me lo sono fatto di prenderglielo...
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