Lunedì 29 si giocava con la Reggiana.
Vecchio il gemellaggio, vecchi gli amici nell’ una e nell’ altra curva. Vecchio anch’ io un po’. E padre a mia volta.
Come faceva mio padre con me volevo portare mio figlio allo stadio. Era una serata fresca, luna splendente e senza nebbia. Un bimbo di 20 mesi può resistere una mezz’ora, ben coperto, ai saluti degli amici di papà.
L’ ingresso della curva non lo riconosco quasi più, da anni non frequento. Inferriate alte e lucide, lontano tornelli elettronici con luci inquietanti. Arrivo in leggero ritardo, per evitare la ressa. Una garrula bigliettaia mi richiede i documenti, civettando col piccolo F. nel passeggino. Finalmente il tagliando.
Mi accingo ad affrontare il dedalo di barriere che portano ai famosi tornelli dalle luci sinistre. Un addetto in pettorina al fosforo mi informa seccamente che non posso passare. Sono munito di biglietto, che prontamente gli mostro, non vedo il problema.
Il problema è il passeggino.
Il passeggino?
Il passeggino, per ragioni di sicurezza. Provo a visualizzare gravi incidenti a base di colpi di passeggino come arma contundente. Mi vien da ridere. Va bene, è uno scherzo. Neanche per sogno, è il regolamento. Chiedo di parlare col responsabile. L’ addetto fa l’ indiano, gli viene bene. Mi dirigo verso la biglietteria, un po’ alterato. Il bimbo col passeggino l’ hanno visto, come minimo potevano dirmelo.
I biglietti non sono rimborsabili, sono molto alterato.
Chiedo di parlare con un responsabile, consulto. Dopo un paio di gradi di giudizio e un passaggio in cassazione ecco il rimborso. Chiedo di nuovo di parlare con un responsabile, chiedo insistentemente spiegazioni. Agghiacciante la risposta di presunta responsabile, testualmente” Ma, guardi, non si alteri, è così anche per gli handicappati sulle carrozzine”
Sono gelato. Riaccompagno mio figlio alla macchina, il tempo è scaduto e la pazienza esaurita. Una luna da fiaba e la voce calda di Morrison ci accompagneranno, calmi, verso casa.
Mi riprometto di indagare sul trattamento riservato da questa società ai disabili. Spero sia degno della tradizione dell’ USC 1903.
Per adesso ho una consapevolezza, la storia dello stadio per famiglie è un’ enorme bugia che ci raccontano. L’ennesima.
Gian Carlo Roseghini
