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Riflessioni di Mezza Estate

Creato il 13 luglio 2011 da Fugadeitalenti

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Ma chi ti ha ridotta in questo stato?“, viene da chiedersi, leggendo numeri e statistiche recenti. Perchè i nostri giovani se ne vanno?… mi è stato chiesto recentemente. Provo a fare una sintesi, sulla base di alcuni dati comparsi nelle ultime settimane.

-IMPRESE & INNOVAZIONE: L’Italia è tra gli ultimi Paesi nell’area Ocse per volume di finanziamenti alle aziende giovani con potenziale di crescita. Parliamo di “venture capital”, quel capitale di rischio grazie al quale regioni come la Silicon Valley hanno potuto prosperare e crescere negli ultimi decenni. La frazione dedicata agli investimenti di rischio nel Belpaese è davvero ridicola: lo 0,005% del Pil (!!!), contro lo 0,03% della Germania e lo 0,05% di Francia e Gran Bretagna. Solo Polonia, Ungheria e Lussemburgo fanno peggio di noi. Israele, Stati Uniti, Svizzera e Svezia sono invece tra i Paesi con maggiore propensione al “venture capital”. E’ evidente come -nella nostra cultura assolutamente conservatrice- manchi l’attitudine al rischio. Al proposito vi segnalo pure l’illuminante articolo di Michele Vianello.

-Restiamo in tema imprese & innovazione: colpisce scoprire come, secondo l’annuale ricerca Mediobanca, in Italia siano praticamente inesistenti le multinazionali “public company”, ad azionariato diffuso. Nel Belpaese rappresentano solo l’1,6% del totale (!!!): nel mondo sono il 67,6%. Lo Stato influisce sul 65,1% delle multinazionali italiane (nel mondo la percentuale scende al 18,6%!), le grandi famiglie italiane controllano il restante 33,4% (nel mondo la percentuale è poco più di un terzo: 12,5%). Sarà anche per questo che -nel 2010- la nostra manifattura ha registrato fatturati in crescita solo del 9,3%, quella tedesca del 17,6%, la Francia dell’11,8%? L’utile netto medio in Italia non arriva al 2%… La prima multinazionale italiana tra i colossi industriali è l’Eni, tredicesima. Fiat è 32esima. Poche, in affanno, a forte tendenza statale o famigliare e in calo vistoso nei ranking mondiali: la fotografia delle multinazionali italiane fa paura. E’ qui che i nostri migliori giovani possono trovare lavoro? Forse… Indubbiamente, le prospettive estere risultano ben più allettanti.

-…d’altronde il quadro delle multinazionali “made in Italy” altro non rispecchia che il sistema-Paese: se il Pil dell’Ocse è cresciuto nel primo trimestre 2011 dello 0,5%, quello italiano è salito solo dello 0,1%. Una lumaca.

-PENSIONI FUTURE: Previsioni nere per gli attuali giovani precari, in vista del loro futuro pensionistico: parliamo di quasi un giovane su due, quando smetterà di lavorare – intorno al 2050. La loro pensione non arriverà a mille euro al mese! Lo afferma lo studio Censis-Unipol. Ironia della sorte: la previsione non contempla un milione di giovani autonomi o con contratti atipici, insieme ai due milioni di giovani Neet. Per i quali le prospettive risultano persino peggiori. Abbiamo realmente bruciato una generazione… Che ne sarà di loro?

-L’ITALIA CORPORATIVA CHE SOFFOCA I GIOVANI OUTSIDER: Illuminante articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, sul sistema degli ordini professionali italiani, ormai un elefantiaco pachiderma buono solo a far mangiare parenti e amici: gli avvocati e i farmacisti “figli o nipoti di” avvocati e farmacisti sono oltre il triplo della media.Tra i commercialisti e i consulenti del lavoro, la ricerca della Fondazione Rodolfo De Benedetti (citata da Stella), dimostra invece come -dove il livello di familismo è più alto- peggiora la qualità dei servizi professionali. Il familismo è un fenomeno trasversale: persino più alto nel ricco Nordest che al Sud.

-LAVORO: Per chiudere, parliamo ancora di lavoro giovanile. Un recente sondaggio condotto dall’associazione Rena, dal titolo (Pre)Occupiamoci, che ha coinvolto per la maggior parte la fascia 25-35 anni, ha rilevato come la retribuzione mensile più diffusa trai giovani sia tra i 1000 e i 1500 euro. Quasi il 60% degli intervistati considera la propria posizione precaria, nel quasi 80% dei casi si sente tutelato dalla famiglia – e quasi per nulla da azienda, Stato o sindacato. La metà del campione non riscontra corrispondenza fra la tipologia di contratto e la mansione reale. Due aziende su tre ricorrono a forme di contratti atipici. Per un intervistato su tre, la prima emergenza è garantire anche ai lavoratori atipici gli standard di welfare di cui gode chi ha un contratto collettivo.

-last but not least, per Eurostat il tasso di occupazione italiano nel 2010 era del 61,1%, molto al di sotto del 68,6% europeo.

Qualche rapida “riflessione di mezza estate”, ora: per anni questo blog e altre pubblicazioni hanno denunciato i problemi dell’Italia e -soprattutto- dei suoi giovani. Raccontato storie, affastellato cifre, condotto analisi. I problemi sono sotto gli occhi di tutti, le possibili cure anche. Ma nulla, o troppo poco, è stato fatto. Di quel poco, molto aveva solamente l’aspetto -peraltro ipocrita- di interventi di facciata. Prepariamoci per un autunno difficile. Senza un cambio radicale, senza un rinnovo vero della classe dirigente, senza un ritorno attivo dei giovani ora all’estero, il rischio del baratro è vicinissimo.

E ora più che mai, anche un pauroso incremento della “fuga dei talenti” appare come un rischio concreto.

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