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Riflessioni Eurofile: i vantaggi dell' integrazione europea.

Creato il 21 novembre 2011 da Blogdispiccioli @blogdispiccioli
Riflessioni Eurofile: i vantaggi dell' integrazione europea.
"The contribution which an organized and living Europe can bring to civilization is indispensable to the maintenance of peaceful relations"
Discorso di Robert Schuman (9 Maggio 1950).
In un periodo in cui, per cause più o meno fondate, dilaga un antieuropeismo radicale, è mio parere necessario puntare di nuovo i riflettori sull'importanza che l'Europa unita ha avuto nel processo di mantenimento della pace e nello sviluppo economico e sociale all'interno dei suoi confini.
Il discorso di cui ho riportato un estratto, passato alla storia congiuntamente alla figura di Jean-Baptiste Nicolas Robert Schuman, pur essendo stato scritto da Jean Monnet, è, a ragione, considerato come la base sulla quale il processo di integrazione europea è stato costruito.
Si era al tempo in cui l'Unione Europea era lontana anni luce, e in cui la Comunità Economica Europea, sebbene in procinto di nascere, non era ancora stata concepita.
Il processo di integrazione è stato imperniato, in principio, sulla collaborazione nei settori strategici dell'economia. Precisamente: carbone e acciaio.
A differenza di quanto possa sembrare, l'integrazione aveva moventi che andavano ben oltre il semplice vantaggio che si poteva trarre dal commerciare liberamente carbone e acciaio all'interno della CECA (Comunità Economica per il Carbone e l'Acciaio).
Proprio carbone e acciaio erano stati, in precedenza, tra i principali moventi delle tra sanguinose guerre che Francia e Germania avevano combattuto l'una contro l'altra: Guerra franco-prussiana (1870); Prima Guerra Mondiale (1914); Seconda Guerra Mondiale (1939).
Nessuno ha notato che, come era nella visione dei padri fondatori dell'Europa, nessuna guerra interna all'Europa è più stata combattuta, e che il solo pensiero fa rabbrividire anche il più convinto dei nazionalisti?
Comunque, con il passare del tempo, grazie ad un effetto di "spillover", pur rimanendo fondamentale l'aspetto economico, si è compreso che la cooperazione potesse portare benefici su molti altri livelli.
L'articolo 3, comma 1, del Trattato dell' Unione Europa, infatti, recita:
"L'Unione si prefigge la pace, i suoi valori, ed il benessere dei suoi popoli".
E non si può di certo negare che molte delle conquiste sul piano civile e sociale che oggigiorno diamo per assunte, senza neanche curarci di come solo pochissimo tempo fa fossero ben lontane dall'esistere, sono in parte dovute anche all'incontro con realtà europee molto più avanzate.
Altrettanto difficile risulta il negare che tale incontro sarebbe stato decisamente più ostico se non ci si fosse concessi alla cooperazione.
Infine, l'enorme sviluppo economico di cui ha goduto il nostro paese dopo la metà del secolo scorso, di sicuro è stato agevolato dalla possibilità di muoversi in un mercato libero e coordinato.
Ma, poiché mi si potrebbe sollevare l'obiezione che le critiche non si rivolgono ai principi ispiratori dell'integrazione europea,ma, piuttosto, ai meccanismi attraverso i quali questa è stata realizzata, e vuole essere ulteriormente implementata, mi riferirò ora a uno strumento che non smette di suscitare critiche: l'Euro.
Mi premeva premettere, però, con la dissertazione precedente, che l'Europa non è solo l'Euro, e che molti altri aspetti vanno valutati prima di pensare di uscire dall'Unione.
Pur vero che, allo stato attuale di integrazione, non si può pensare di rimanere in Europa uscendo dall'Euro, semplicemente perché l'Euro è uno degli ultimi passi del suddetto processo di integrazione, e un'uscita non sarebbe altro che una regressione del processo.
Molti sostengono che l'Euro, al cambio al quale siamo stati costretti ad entrare, abbia notevolmente peggiorato la nostra capacità competitiva. E' vero. Lo riconosco. Ad una condizione, però: che si ammetta che la capacità competitiva che si riconosceva all'avere una moneta nazionale, e, quindi, all'avere una politica monetaria autonoma, era solo l'avere la possibilità di effettuare svalutazioni.
A mio avviso, però, la svalutazione competitiva non serve ad altro se non a coprirsi gli occhi su quali siano le reali motivazioni di scarsa competitività di cui soffriamo.
Non può essere considerato un problema il fatto che ci si impongano standard economici più elevati. Il problema, semmai, è il fatto che tali standard continuino ad essere lontani anni luce dalla nostra portata.
E questo è un problema monetario o un problema politico?
Inoltre, ad esempio, in mancanza dell'Euro, e, quindi, di una moneta che sia realmente forte, quei fattori la cui importazione non può essere evitata, come il petrolio e l'energia, il cui costo è una delle principali cause di debolezza per le nostre imprese, sarebbe un salasso ancora maggiore.
Tutta questa digressione non vuole negare i numerosi problemi che caratterizzano l'Europa unita.
Non nascondo che la totale indipendenza dai governi nazionali della BCE, e la sua totale discrezionalità nell'adozione di politiche monetarie e la mancanza di trasparenza, possano essere un problema, ma l'eccessiva ingerenza dei governi nelle decisioni della BCE, a causa di orizzonti decisionali temporalmente differenti (la teoria del ciclo politico-economico di Nordhaus spiega come i governi, in vicinanza delle scadenze elettorali, tendano a prendere decisioni che vanno spesso contro le necessità del sistema economico, poco curandosi delle conseguenze, che sono molto differite nel tempo, e basandosi sull'assunto che i cittadini guardino all'immediato e non abbiano le capacità di analisi delle conseguenze future), potrebbe rendere difficoltoso l'obiettivo per cui la BCE è stata istituita: la stabilità dei prezzi.
Facciamo un esempio pratico.
Il cittadino percepisce di aver bisogno di soldi (cosa piuttosto frequente). Un governo "sconsiderato", che, per necessità di bilancio, in perdita grazie a spese inutili e dannose, non applicasse contestualmente politiche produttive sul piano dell'offerta, sarebbe incentivato a concedere più moneta, poco curandosi di come questo possa portare ad un aumento dell'inflazione, con conseguente diminuzione della capacità competitiva in esportazione. Tutto ciò, semplicemente, perché il cittadino non sa connettere l'aumento dei prezzi a quella manovra monetaria che gli ha dato un appagamento immediato, e non si rende conto che l'aumento dell'inflazione rende conseguentemente inutile in sé l'avere più moneta.
Il succo della questione è: possiamo, anzi, dobbiamo, parlare di come vada migliorata l'Europa unita, ma un antieuropeismo sconsiderato si basa, a mio avviso, su assunti non condivisibili.
L'Unione Europea è nata per finalità molto positive.
Qualsiasi istituzione, però, funziona grazie a uomini, e un cattivo funzionamento di un'istituzione non implica necessariamente che essa si fondi su presupposti errati.
L'unico modo per far sì che funzioni in maniera corretta, è formare uomini che siano votati al bene comune.
La nostra storia ne ha conosciuti, e, con un po' di impegno, ne conoscerà ancora.
Spero di non scoprirmi un disilluso sognatore.
Massimo McMutton.

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