Riflessioni sul precariato – le reazioni della rete

Creato il 02 luglio 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

Difficile che un articolo sul precariato non sollevi un polverone sulla rete. Ancora più difficile se a scriverlo è il collega Danilo, che non risparmia mai critiche e considerazioni al vetriolo sull'argomento.

Su LinkedIn, network particolarmente attento alle tematiche del lavoro, si sono scatenati i commentatori. Pro o contro il precariato? Opportunità o sfruttamento? Per alimentare ancora di più il dibattito, vi proponiamo una selezione dei commenti più costruttivi ed interessanti.

«Mi trovo in sintonia al 100 % con il contenuto del tweet papale. Un po' meno con il pur bell'articolo di cui viene proposta la lettura, che ha il difetto, a mio avviso, di mischiare troppi temi, pur mostrando la voglia di radicare il discorso al di fuori dello sterile dibattito sull'art. 18 si/no. 

Non sono un particolare fautore del neo-liberismo (tantomeno poi di quello "sfrenato"), solo osservo che quando la flessibilità diventa un particolare inscindibile della modalità lavorativa, bisogna trovare il modo di coniugare le esigenze reciproche e non inseguire dirittisimi o giustizialismi che corrono solo il rischio di affossare ancora di più il lavoro. E ciò vale sempre, anche non in tempi di crisi. 

Quando si sostiene che "Non abbiamo libertà di scelta, siamo costretti ad accettare offerte di lavoro non in linea nè con i nostri studi, nè con le nostre aspirazioni" dovremmo anche chiederci se le nostre aspirazioni ed i nostri studi hanno un substrato realtistico, se chi ci ha precetuto ha potuto vivere una vita dignitosa/decente (secondo le parole del Papa) anche senza aver seguito le proprie aspirazioni. 

Chi oggi ricorre in Europa contro il Jobs Act non riconosce quanto esposto nell'articolo, ovvero che l'Europa è un territorio a diverse velocità e che i "ritardi " italiani sono tanti. Non solo sulle pensioni e sul lavoro -sempre nell'occhio del ciclone – ma anche in tanti altri settori della vita pubblica. 

Chiediamoci se oggi il precariato brutto (non la flessibilità) non sia anche figlio di una particolare rigidità ideologica del mercato del lavoro. 
Chiediamoci se questa rigidità (unita ad una iperproduzione normativa sterile) non sia anche la fonte delle numerose scorciatoie che premiano i furbi e condannano gli onesti (da qualsiasi parte stiano) . 

Il Jobs Act è un tentativo (anche se, a mio avviso, maldestro, poco coraggioso e pieno di contraddizioni: si può molto migliorare) di uscire da questa logica. Bisogna chiedersi se chi lo osteggia agogna un ritorno (improbabile e fallimentare) al mitico passato, lo vuole migliorare o ha una diversa (legittimamente) visione prospettica sul futuro». - Andrea Asnaghi, Libero professionista Risorse umane

«Il lavoro precariato non è mai dignitoso, non dà la possibilità alla persona di vivere come una persona, ma di vivere solo con ansia continua, di non farcela a costruire un futuro per la propria famiglia…e questo se permettete è ignobile!!!» - L.B., iscritto alle liste di mobilità dal 9 maggio 2014

«Io credo che il lavoro precario dovrebbe essere maggiormente utilizzato nelle pubbliche amministrazioni, ma in modo totalmente difforme dall'attuale: invece di mettere davanti alle scrivanie un esercito di nullafacenti, si dovrebbe introdurre il concetto "tu lavori SE e fino a quando produci"; dare ordini di servizio e verificare – con cadenze trimestrali – se tutto viene eseguito correttamente e nei giusti tempi. Chi ha lavorato bene resta, gli altri vanno a casa. E chi lavora benissimo, viene "incentivato", in vari modi. 
In questo modo, si unisce un sistema meritocratico ad uno "punitivo"… Certo, poi tutta 'sta gente andrebbe "sorvegliata", ci sarebbero elementi con compito di verificare l'operato dei loro sottoposti… Ma se anche i "controllori" lavorassero per obiettivi, forse tutto funzionerebbe. 
Pur essendo stato sempre dipendente (almeno fino ad ora…), mi rendo conto che una delle differenze fondamentali tra datore di lavoro ed operaio/impiegato è che il primo ha utili solo se ha lavorato bene (leggasi anche con dipendenti validi e produttivi), mentre il secondo ha comunque uno stipendio assicurato
Se TUTTI diventassimo "un po’ precari", potremmo vivere comunque decorosamente e saremmo portati a lavorare anche per… istinto di sopravvivenza. 
Mi rendo conto che questi concetti possano apparire molto "estremi", ma trovandomi purtroppo circondato da colleghi nullafacenti e da figli del mio titolare che non fanno NULLA per poi pretendere uno stipendio, arrivo a mal sopportare la mia situazione ed a condannare apriori situazioni anche poco simili alla mia.» - A.B., Progettista meccanico presso FAF Autoimpianti

A voi la replica ora!

Simone Caroli
ADAPT Junior Fellow


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