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Riflessioni sulla crisi e la cultura
Creato il 24 ottobre 2013 da Cronachedallalibreria @MarinoBuzzi
Parto da una notizia che il mio
compagno mi ha dato qualche giorno fa: il teatro comunale della città
in cui vivo ha avuto, quest anno, il 40% in meno di abbonamenti
rispetto all'anno scorso.
Io sono una delle persone che non ha
rinnovato l'abbonamento. Nel corso del 2013, infatti, mentre ho visto
aumentare tasse di ogni genere il mio stipendio è rimasto uguale.
Premetto che è tutta la vita che mi
nutro di cultura e che ho avuto l'enorme fortuna di nascere in una
famiglia che ha sempre spinto i propri figli ad amare l'arte, la
letteratura, il cinema, il teatro e tutto ciò che è legato al mondo
culturale. Mio padre non ha avuto l'opportunità di studiare e questo
ha pesato molto sulla sua vita, ha sofferto di questa privazione e
ha cercato di dare ciò che lui non aveva avuto ai propri figli. Lo
so che l'amore per la cultura non si insegna ma forse si può
trasmettere.
Dico questo perché rinunciare
all'abbonamento teatrale per me è stata una vera sofferenza, la
cultura non dovrebbe essere qualcosa in più, invece nel nostro paese
viene vissuta proprio come qualcosa di cui si può tranquillamente
fare a meno. Lo stato, e non da oggi, non ha mai investito sul
patrimonio culturale e umano del paese e i risultati si vedono.
Prima di rinunciare al teatro ho
provato a tagliare su molto altro, ho cercato di ridurre al minimo,
per esempio, l'uso della macchina. Abbiamo cercato di ridurre al
minimo gli sprechi alimentari ed energetici, ho tagliato sul
vestiario. Ma non è bastato. Lo dico con un'amara consapevolezza
perché non ho rinunciato solo al teatro. Oggi vado meno al cinema
(ed io amo profondamente il cinema), nei prossimi anni,
probabilmente, rinunceremo ai viaggi che già erano fatti in estrema
economia, e, che il cielo mi fulmini, compro meno libri. Lo faccio
nonostante gli sconti che spesso fanno in libreria. Ero uno di quelli
che comprava almeno dieci libri al mese, ora ho tagliato anche su
questo. E per me è una frustrazione enorme perché i libri li vendo,
certo, ma amo anche leggerli e “possederli”. Sono una di quelle
persone che ama avere libri in giro per casa, che guarda la propria
gatta dormirci sopra, che “inciampa” in un libro e ricorda il
momento esatto in cui lo ha letto.
Questa crisi può essere
un'opportunità, è chiaro che il sistema economico e sociale del
paese non funziona. Eppure non vedo cambiamenti. Da un lato c'è una
politica ottusa che riesce solo a tassare persone che sono già al
limite della sopravvivenza e dall'altro c'è un mondo culturale che,
da un lato cerca di sopravvivere salendo sulle barricate e,
dall'altro, si trasforma in qualcosa che è ben diverso dal concetto
(almeno dal mio) di cultura. E, troppo spesso, a pagare le
conseguenze di questi fallimenti sono coloro che hanno investito le
proprie vite, coloro che ci hanno creduto, nella crescita culturale
del paese.
È un castello di carte che si sta
sfasciando.
Poi rimarrà solo da ricostruire.
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