"L'alunna XXXXXXXXXXXX partecipa solo se sollecitata alla vita della scuola; si rapporto con gli altri abbastanza adeguatamente; va guidata nell'eseguire un'attivià secondo la procedura spiegata; va aiutata ad organizzare le conoscenze; studia con costanza ma con scarsa efficacia; non sempre comunica correttamente; in un testo o in un fenomeno individua singoli elementi; se guidata, sa porre ipotesi e trarre semplici conclusioni; deve recuperare i pre-requisiti in alcune aree". Questo è quello che c'è scritto sulla mia pagella di terza media; esatto, l'essere primitivo sopra descritto sono io! Mancava solo che scrivessero "vive sugli alberi, grugnisce e mangia radici"....
Ammetto che a 13 anni non ero una ragazzina particolarmente dotata ed andare a scuola mi faceva schifo (come il 95% degli esseri umani). Avevo qualche problema di dislessia; anche se l'ho curata benissimo da bambina, alcune difficoltà si portano sempre dietro (pure adesso, anche se nessuno lo sospetta). Credo che tutto questo fosse aggravato dall'ambiente scolastico per nulla stimolante, dove la parola "incoraggiare" non esisteva nel vocabolario di nessun insegnante, sui quali preferisco non fare commenti. Ma voglio riportare quello che è scritto nella seconda parte della mia pagella: "Il Consiglio di Classe al fine di recuperare le abilità e le conoscenze relative ai seguenti ambiti: organizzazione delle conoscenze; studio personale; analisi; sintesi. Propone all'alunna: attività linguistiche; attività espressive; attività tecnico-pratiche. Secondo le seguenti modalità di lavoro: procedimenti di elaborazione; esercitazioni pratiche". Ovviamente tutte attività che dovevo svolgere per conto mio, perchè la scuola e gli insegnanti dovevano andare avanti coi loro programmi: non avevano tempo da perdere con me...
Come pensate sia l'impatto di un giudizio simile su uno studente di 13 anni? Devastante! E' vero che le scuole dei nostri nonni erano molto più rigide (scusa che ogni tanto salta fuori per giustificare un metodo di insegnamento scolastico privo di incoraggiamenti e collaborazione), ma vorrei ricordare che, al tempo, la maggiorparte di loro andava a scuola fino alla quinta elementare e poi venivano avviati ai lavori, dunque al massimo era richiesto saper leggere, scrivere e fare di conto; mentre ora si prosegue con la scuola fino ai 18 anni (e più, in caso di università), perciò ora è richiesto molto di più rispetto ai nostri nonni e diventa fondamentale far capire ad un alunno il proprio valore e le proprie capacità. Praticamente l'autostima!
Secondo la definizione, l'autostima è il senso soggettivo e duraturo di auto approvazione, che fa riferimento a quell'insieme più o meno organizzato di rappresentazioni che l'uomo ha di se stesso, e che prende il nome di "schema del sé". Secondo Sigmund Freud e Harry Stack Sullivan questo "schema del sé" si forma durante la prima infanzia, attraverso il rapporto con gli "altri significativi", come i genitori. Eppure, i concetti legati al sé, non sono fissati una volta per tutte nella personalità, ma mutano nel corso della vita attraverso fattori come il confronto sociale e l'interpretazione dei ruoli.
Da qui si capisce come la scuola svolge un ruolo importante nella definizione dell'autostima del bambino e dell'adolescente, visto che ci trascorrono gran parte della loro giornata (e della loro vita) non solo nel frequentare le lezioni, ma anche fare i compiti a casa, discutere sulla giornata scolastica, programmare il lavoro scolastico futuro ecc...Sulla psicologia dell'educazione, gli psicologi si sono sbizzarriti con mille teorie, mille test e mille sperimentazioni. Ma comunque tutti concordano una verità assoluta: "benché l'autostima si sviluppi in funzione dei successi e dei fallimenti di un individuo, essa predice e influenza anche le prestazioni scolastiche future; uno studente caratterizzato da una bassa autostima (soprattutto scolastica), tenderà ad accostarsi alle esperienze di apprendimento con esitazione e sarà frenato da un senso di fallimento"*.
Il problema, però, è trovare gli insegnati che sono disposti a fermarsi e a capire i problemi di un proprio alunno. In teoria dovrebbero essere loro i primi che cercano di capire i propri allievi; certo, ci sono insegnanti che si mettono in gioco, ma tanti altri preferiscono delegare all'insegnante di sostegno. Ma, facendo questo, vanno involontariamente a favorire quelli "più bravi", creando un divario ancora più profondo tra i "dotati" e di "non dotati". Praticamente la classe scolastica non viene più intesa come "insieme", ma come "divisione"...con tutte le conseguenze del caso: i "dotati" saranno sempre più sostenuti ed incoraggiati ed i "non dotati" saranno sempre più emarginati e meno considerati.
Qualcuno potrebbe opinare che dipende anche dalla tempra dell'alunno e dall'educazione che ha ricevuto dalla famiglia. Vero, ma è anche vero che la scuola, con questo suo atteggiamento di "isolare i non dotati" non ha fatto altro che perdere di credibilità ed è venuta meno al suo ruolo educativo. Non stupiamoci se si sente di genitori che vanno a prendere a schiaffi un insegnante perchè ha dato un'insufficienza al figlio, se gli alunni danno del tu (od insultano) un insegnante...per non parlare di quello che si vede su You Tube durante gli intervalli o i cambi dell'ora...
Parlando con alcuni insegnanti, di quelli che si sono messi in gioco, mi hanno detto che la scuola, proprio per la sua struttura, non tiene conto di tutte le abilità di uno studente. Ragazzi che magari non sono particolarmente bravi a scuola o che hanno problemi in classe, fuori dalla struttura scolastica si trasformano ed i problemi spariscono tutti. Altri, invece, che hanno grandi abilità a scuola ma, al di fuori di essa, hanno seri problemi relazionali. Cioè, non è detto che un ragazzo che va male a scuola avrà poi problemi per tutta la vita o, viceversa, che se va bene a scuola avrà grande successo nella vita. Certo, aiuta, ma è la condizione "necessaria ma non sufficiente". Perciò, portare sì avanti il programma scolastico, ma guardare anche di più ai propri alunni...e soprattutto farsi rispettare: l'insegnante è insegnate, l'alunno è alunno.
Siete curiosi di sapere cosa c'è scritto sulla mia pagella finale di terza media? Nel quadro "Valutazione sul livello globale di maturazione (che parolone)", nel primo trimestre c'è scritto: "Rispetto alla situazione i partenza l'alunna ha mantenuto invariati la partecipazione alla vita della classe, il rapporto con gli altri, l'autonomia nell'esecuzione delle procedure di lavoro, l'organizzazione delle conoscenze, lo studio personale, le capacità di comunicazione, di analisi e di sintesi"...Praticamente ero ancora un primate...
Nel quadro della valutazione finale c'è scritto: "L'alunna XXXXXXXXXXXXX dimostra di aver acquisito la capacità di utilizzazione degli strumenti e dei corrispondenti linguaggi specifici di alcune discipline solo se aiutata dall'insegnante. Il suo atteggiamento nei confronti dei doveri scolastici dimostra che il processo di sviluppo globale è in fase di lenta evoluzione; la sua capacità di stabilire rapporti con gli altri si dimostrata abbastanza adeguata; le strategie per lei individuate l'hanno portata a recuperare alcune carenze. Il metodo di lavoro non è del tutto adeguato"...siii, mi sono evolta da primate ad ominide...
Comunque il risultato dell'esame di licenza media è: "L'alunna ha superato l'esame di licenza media con votazione sufficiente. Consiglio orientativo: si consiglia la frequenza di un Istituto Professionale".
E invece...ho fatto un istituto tecnico e mi sono diplomata; ho fatto l'università e mi sono laureata in corso; nonostante la dislessia, mi occupo di comunicazione, ho fatto teatro ed ho ottime abilità relazionali; inoltre, ho ottime capacità gestionali ed organizzative. O sono masochista io o i miei insegnanti delle medie non avevano capito nulla...
* http://www.amedeopaolucci.it/Pedagogia/Autostima/autostima.html