Leggevo ieri dell’ennesima sanguinosa azione repressiva del regime siriano di Bashar Assad. Le milizie filogovernative e le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 78 persone, 40 delle quali erano bambini e donne, nella provincia di Hama. Alcune sono state pugnalate a morte e almeno 12 corpi sono stati bruciati. Solo due settimane fa si era verificato un massacro analogo a Houla dove a essere ammazzati sono stati 108 siriani, la metà dei quali bambini.
Ma questi non sono che due tra gli ultimi avvenimenti, poiché sono ormai 15 mesi che la Siria è dilaniata da un’ondata di violenza volta a soffocare nel sangue qualunque manifestazione contro un regime antidemocratico che da tempo promette riforme che non sono mai arrivate, mentre il numero di vittime aumenta vertiginosamente giorno dopo giorno.
Al livello internazionale si cercano soluzioni diplomatiche con risultati nulli. Proprio nei giorni scorsi il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha affermato che accadono continuamente delle orribili atrocità, che il regime di Assad ha perso ogni legittimità e che, dando vita a una barbarie indicibile, ha perso ogni fondamentale senso di umanità.
Quel che è curioso, invece, è che, parlando del nostro paese, non si siano organizzate proteste e manifestazioni davanti all’ambasciata siriana, né si siano levate le voci indignate di intellettuali e opinionisti, sempre così attenti ai fatti mediorientali, per condannare con forza le azioni del regime.
Ma forse non sono stata abbastanza attenta.