Ultimamente si rintracciano sul web filmati su Ammassalik girati da persone che qui hanno fatto scialpinismo, alpinismo, kayak, o che altro.
Ma della popolazione inuit solo occasionalmente se ne parla. Dei loro problemi il più delle volte non si fa cenno.
Il web anche in questo caso è una passerella utile ai pavoni della montagna e del turismo.
Si ripete il tanto aborrito crimine del colonialismo: che negli ultimi decenni ha cambiato vestito, ma che pur sempre colonialismo è rimasto, perpetrato su popoli la cui cultura e il cui ambiente vengono utilizzati per il proprio esclusivo divertimento e guadagno.
Se non fosse per qualche occasionale intervista a Robert Peroni, che con la sua eloquenza e la sua capacità comunicativa cerca in pochi attimi di infondere all’osservatore un barlume di conoscenza della sofferenza in cui vive questa popolazione, i filmati sarebbero solo un ebete e inutile scorcio su orizzonti ghiacciati, fiordi e iceberg scintillanti.
Senza senso ne vita alcuna.
Ma il fatto è che Robert, cui si dedica solo qualche secondo, è preso come un’icona da utilizzare per valorizzare se stessi.
Il senso è: io conosco Robert Peroni, gli ho parlato, si è anche lasciato filmare da me, sono quindi un suo amico, guardatemi come sono importante!
Alla fine, a costoro di questa popolazione non interessa nulla.