Rifletteva Ginevra, mentre era al computer.
Stava cercando negli archivi fotografici on line di Flickr e Pinterest immagini particolari di Perugia e dell’Umbria per poi contattarne l’autore e chiedere di poterne pubblicare alcune per arricchire il pezzo che stava scrivendo.
C’era solo l’imbarazzo della scelta, le possibilità offerte dalla condivisione in rete erano tendenti all’infinito.
Un’unica regola: selezionare solo gli scatti di fotografi e amatori umbri, perugini in particolare.
Voleva vedere quei luoghi con gli stessi occhi di chi li conosceva in prima persona.
Cercava scatti inaspettati, inconsueti, sorprendenti nella loro semplicità e immediatezza, concentrati sui dettagli apparentemente più insignificanti.
Proprio quando pensava di chiudere per quella sera, l’immagine agonizzante di un volto urlante scolpito nella pietra la colpì per la disperazione che sembrava suggerire. Si trattava, raccontava la didascalia, di un particolare del basamento di una statua collocata nei Giardini del Frontone, a Perugia. Il titolo recitava: “Aiuto…”
La foto era vergata digitalmente a nome Riccardo Photographer.
Senza indugiare, come d’altronde era abituata a fare quando per i motivi più disparati doveva ricercare informazioni su qualcuno che non conosceva, digitò quel nome in Google.
Il primo risultato era quello dell’account Flickr. Il secondo, era quello del profilo Facebook. In realtà, due erano i profili aperti con il nome utente di Riccardo Photographer.
Uno dei due apparteneva al ragazzo che l’aveva aiutata quella mattina in cui era stata scippata davanti alla stazione.
Non poteva sbagliarsi, la foto del profilo non era equivocabile.
Dunque, era un fotografo. Un amatore, per meglio dire. Così almeno si descriveva. Mossa da qualcosa che andava ben oltre la curiosità, scorse tutte le foto pubblicate. La costante, in quegli scatti, era l’attenzione al paesaggio, al dettaglio, al frammento di vita. Per quanto potesse capirne Ginevra, le foto sembravano non essere né costruite né ritoccate. Sembravano restituire l’illusione della presa diretta. Accanto all’amore per la fotografia, il profilo Facebook raccontava anche della passione per le moto e dunque, immaginava Ginevra, per il rischio e la libertà. Non c’erano tracce, invece, della vita personale, nulla che parlasse della famiglia, degli affetti. Magari, si trattava di una scelta consapevole, l’omissione dei particolari più intimi era voluta: il punto era capirne la motivazione. Non che ciò fosse funzionale alle esigenze che aveva Ginevra in quel momento, però non poteva negare che la questione la incuriosisse.
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