Di Mario Marrandino. Il premier “quando viene sfidato a prove muscolari non si tira mai indietro” e difatti non teme scioperi, non teme le critiche, né la piazza. La posta in gioco per il mantenimento di un solido supporto (sia popolare che politico, attenzione) sta nel mantenimento delle promesse che si spera ottengano un risvolto completo e reale nel più breve tempo possibile, prima tra tutte, il Jobs Act.
Si confida di non ricorrere all’arma delle elezioni anticipate, né di trasformare la delega in un decreto legge e creare una forzatura (e quindi potenziali falle) in tutto il sistema; il premier spera ancora che tutti i contendenti scendano a patti. Il timore del Pd è che se “si trasformasse in un Vietnam, saremmo costretti a porre la fiducia sul testo della delega”. E a questo punto, potrebbe andare tutto “storto”, dipende dai punti di vista.
Parliamo di numeri: il 15 Ottobre sarà presentato il testo della legge di stabilità alle Camera. In tale testo ci sarà una cifra, ancora x, ma che oscilla intorno ai 2 miliardi di euro, che avranno l’unico impiego di sopperire la questione disoccupazione. Questo step non è un semplice stratagemma per mettere a tacere le opposizioni, ma è una vera manovra attiva perché il premier e i membri del governo intendono rispondere concretamente alle esigenze che si vengono a creare, giorno dopo giorno, nel nostro Paese, specialmente in funzione di quella che considerano “una reazione ideologica, perché la delega è un passo avanti enorme, contiene il contratto a tutele crescenti ma anche l’assegno universale disoccupazione: nella legge di stabilità metteremo i soldi per una misura che riorganizzi ed estenda le tutele di disoccupazione”.
Sindacati e sinistra “stanno sottovalutando una parte fondamentale. Noi stiamo estendendo i diritti”. E da palazzo Chigi parte il primo giro di scommesse: come si comporteranno i dipendenti delle aziende sotto i quindici addetti? Secondo le voci di corridoio di Chigi, non gradiranno troppo le azioni sindacali, che si troveranno a far fronte ad un Paese con un nuovo volto, presumibilmente.
Non si vuole cambiare delega: essa è un punto d’incontro e d’equilibro e, anzi, si punta a votare, eludendo spiacevoli ma non improbabili intoppi, in Senato entro l’8 Ottobre, portarla in GU entro novembre e preparare un nuovo 2015 con i decreti attuativi di cui Poletti sarà l’autore e di cui si sta già occupando “per non farsi trovare impreparati quando si tratterà di rendere al più presto operative tutte le misure del Jobs Act”.