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Riforma del Senato con l’immunità, davvero si cambia?

Creato il 24 giugno 2014 da Vesuviolive

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Mettere mano alla Costituzione non è facile né breve. A differenza di qualsiasi legge ordinaria ci vuole più tempo, con doppia lettura in entrambi i rami del parlamento e una pausa di sei mesi. Le intenzioni sono proprio quelle di non avere più un parlamento con due rami, o meglio, le camere restano due ma si vuole abolire il bicameralismo perfetto, ossia la parità di grado e competenze tra Camera e Senato.

Che ben venga una riforma che possa snellire il lavoro per l’approvazione delle leggi e una riduzione dei parlamentari, ma parliamo davvero di riforma? Una volta il latino era la lingua dei dotti ed era ben usata e conosciuta da questi. Non sono uno di loro quindi mi perdonino gli antichi!

Riformare, appunto, viene dalla lingua dei romani e significa ri-fondare, fondare di nuovo. La parola riforma quindi significa sì cambiamento, ma anche ritorno alle origini. Non cambiare solo abbandonando lo stato attuale per approdarne di uno nuovo, ma riprendere ciò che era una volta: vuole essere un’evoluzione riprendendo però le origini (e per questo che quella di Lutero viene chiamata Riforma. Il monaco non voleva creare qualcosa di nuovo in seno alla chiesa cattolica ma ritornare a quella delle origini).

Quella che vuole il Pd e Renzi non è una riforma. Si tornerebbe alle origini se i cittadini potessero esprimere le preferenze nei confronti dei candidati (origini della democrazia) e se gli “onorevoli” e i loro colleghi dell’altra camera potessero davvero fregiarsi di questo appellativo. Lavorare poco (o mai) e guadagnare molto, non è da onorevoli. Non si tratta neanche di un cambiamento positivo, un passo in avanti senza voler alcun ritorno alle origini. Di nuovo ci sarebbe solo il numero dei membri del Senato e la loro elezione indiretta. Già, indiretta, perché i membri dovrebbero essere gli esponenti degli enti locali (Comuni e Regioni, non le Provincie che dovrebbero essere abolite).

Eppure qualcosa non torna. Riforma, cambiamento, consiglieri regionali e sindaci… questo cocktail di parole fa pensare a delle cose, soprattutto con l’aiuto di un’altra parola che negli ultimi giorni tanto circola in merito a questa modifica del Senato: immunità. Nella proposta del governo giunta alla Commissione Affari costituzionali del Senato, presieduta dalla democratica Anna Finocchiaro, la tanto amata immunità non era prevista. In un emendamento firmato dalla stessa Finocchiaro e dall’ex ministro Calderoli, il leghista che definì la legge elettorale concepita da lui stesso «una porcata», per intenderci, magicamente l’immunità è riapparsa anche per i nuovi senatori. Non era infatti concepibile lasciare i tanti consiglieri e presidenti di regioni e sindaci privi di qualche scudo per proteggerli dalle loro malefatte. È altissimo il numero di questi eletti negli enti locali inquisiti o imputati nella storia dei rimborsi elettorali o in altre brutte storie come il Mose nel quale è coinvolto il dimissionario sindaco di Venezia Giorgio Orsoni.

Ciò che è ancora più divertente, però, è il gioco dello scaricabarile che è cominciato nel Pd. La Finocchiaro ha firmato questo emendamento ma la ministra Boschi ha detto che il governo non voleva l’immunità. Finocchiaro ha replicato sostenendo il contrario, «il governo ha visto due volte i nostri emendamenti, compreso quello sull’immunità», ha affermato, lasciando intendere che l’esecutivo voleva, sapeva e ha lasciato fare. Il gioco dello scaricabarile sarebbe divertente e simpatico se non fosse che questa legge continuerebbe a mettere su livelli differenti i cittadini italiani: quelli che fanno politica nelle istituzioni e i comuni poveri cristi. Chi sta facendo questo gioco non ha capito che è inutile incolpare Tizio o Caio. Sono tutti responsabili, sia chi è autore dell’emendamento sia chi ha lasciato scorrere e non ha preso posizione contro l’immunità chiedendo di cancellarla (come non sta facendo Renzi), sia chi, come la Boschi, crede che questa non sia una questione «centrale». Infatti domenica scorsa a la Repubblica, nell’intervista in cui ha difeso il governo ritenendolo estraneo al fatto, ha dichiarato: «niente immunità per i senatori altrimenti si crea un’incomprensibile differenza con gli altri consiglieri regionali e sindaci (…) il punto dell’immunità si può discutere ma non è centrale».

Per lei non è centrale, non merita forse tanta attenzione e importanza.

Ammetto che quando ho letto «si crea un’incomprensibile differenza con gli altri…» credevo di trovare la parola “cittadini”, o “italiani”, oppure tutti e due. Ma no, non è importante per una democratica la disparità tra politici e altri, non è centrale.

Che sciocco che sono stato a credere in questo.


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