Investire su scuola e istruzione per far ripartire il paese… si ma quando e come? In questi giorni si fa un gran parlare di riforma della scuola, cambiamenti epocali si prospettano all’orizzonte, ma ancora nulla di ufficiale, solo qualche dichiarazione lasciata qua e là su quotidiani e siti tematici.
Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti in realtà non c’è nulla di nuovo. Si parla di integrare il TFA con il normale ciclo di studi universitari con un 3 +2 +1, con tirocinio formativo attivo all’ultimo anno dopo la magistrale, con selezione all’inizio del percorso di studi. Tutto già previsto ai tempi della Gelmini, siamo ben tre Ministri dell’istruzione dopo e ancora adesso della misura se ne parla come fosse una gran novità. Gli aspiranti docenti hanno passato gli ultimi anni a elemosinare l’abilitazione e proprio adesso che il TFA stava cominciando ad avere una parvenza di regolarità che fanno? Si ricomincia daccapo! Si spera che per lo meno riescano a prevedere un regime transitorio intelligente tra il TFA e le nuove lauree abilitanti, altrimenti ci saranno già pronti gli pseudo sindacati a pubblicizzare ricorsi qua e là.
Ma entriamo nel merito delle grandi riforme annunciate. Mercoledì 2 luglio è apparso un articolo sul quotidiano Repubblica dove si presenta il “patto sulla scuola” a firma Roberto Reggi sottosegretario all’istruzione. In breve: aumento dell’orario a 36 ore settimanali, aumenti di stipendi a chi si prende più responsabilità, supplenze brevi affidati a docenti già in cattedra, possibile taglio dell’ultimo anno delle scuole superiori, svuotamento delle GAE e chiusura delle graduatorie di istituto.
Immediate le reazioni di sindacati e personale scolastico scioccati dalla proposta avanzata dal sottosegretario Reggi. Un po’ in ritardo è arrivata anche la reazione dei cinque stelle che, diciamolo, anziché entrare nel merito di ciascuna proposta ha approfittato dell’argomento “scuola” per sparare a zero sul governo con lo stile comunicativo che lo contraddistingue. Attraverso un comunicato è riuscito a travisare completamente (e intenzionalmente) il significato delle parole di Reggi facendo venir fuori una riforma da far accapponare la pelle.
Ma c’è chi ogni tanto (per fortuna) riporta al centro i temi reali, ciò che in fondo conta davvero. Così sul fatto quotidiano Alex Corlazzoli, maestro e giornalista, anziché scandalizzarsi per le 36 ore settimanali vede in esso un modo per far diventare la scuola un luogo di aggregazione “La scuola può diventare un’antenna sociale di un quartiere periferico di Milano o Roma o di un paese della Bassa padana”. Che anziché scandalizzarsi e usare la parolina magica “precariato”, capisce che una supplenza di due o tre giorni fa più male che bene allo studente e garantisce solo qualche briciola al precario che spesso “arriva senza conoscere i bambini e che improvvisa, fa da tampone come se fosse la stessa cosa che sostituire un operaio alla catena di montaggio”.
Insomma la scuola da un lato ha bisogno che non ci siano più riforme, semmai che si metta ordine a quelle che già ci sono (per esempio su reclutamento e formazione degli insegnanti), dall’altro invece ne ha un bisogno vitale. Così com’è adesso la scuola non funziona… ma si preferisce vivere di briciole e ricorsi e gridare allo scandalo alla prima occasione piuttosto che affrontare la questione con tutto il coraggio che merita.
Alessia Gervasi