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Al Presidente della Commissione Giustizia del SenatoAi Componenti della Commissione Giustizia del Senato Ai Presidenti dei Gruppi Parlamentari del Senato
Onorevoli Senatori,
con questo intervento è nostra intenzione portare alla vostra attenzione il grido appassionato di tantissimi giovani studenti di Giurisprudenza e di giovani Giuristi che in queste settimane si sono confrontati con il testo della riforma dell’ordinamento forense attualmente in discussione al Senato. Un confronto che ha coinvolto studenti di ogni regione d’Italia e di ogni appartenenza politica e che ha prodotto la seguente riflessione con la quale una intera generazione sottopone le proprie preoccupazioni alla vostra attenzione.
Non possiamo non concordare con la necessità di procedere ad una celere approvazione di una riforma dell’ordinamento forense finalizzata ad una maggiore liberalizzazione della professione, ma allo stesso tempo, siamo qui per esporvi le criticità che sono emerse dal nostro lavoro di studio e di analisi. Criticità rispetto alle quali ci attendiamo una vostra pronta risposta, che si traduca in alcune modifiche mirate al testo normativo approvato dalla Camera, finalizzate a migliorare la Riforma ed in particolar modo ad aiutare le giovani generazioni nell’accesso e nell’esercizio della professione.
Le nostre perplessità riguardano innanzitutto le disposizioni contenute nel Titolo IV relativo all’Accesso alla Professione Forense.
Ci sembra doveroso premettere che la disciplina dell’accesso alla professione prevista dal Titolo IV appare complessivamente orientata ad aggravare gli oneri in capo ai tirocinanti e contestualmente a rendere maggiormente difficoltoso l’accesso alla professione forense per i giovani laureati.
Al di là dell’insensatezza di un provvedimento finalizzato a ridurre le opportunità per i giovani laureati, riteniamo che, nell’ottica di una maggiore liberalizzazione della professione, non sia opportuna la creazione di ulteriori barriere all’accesso alla professione forense, tenuto conto del fatto che l’attuale esame di abilitazione alla professione di avvocato risulta essere il più complesso tra quelli previsti nel nostro ordinamento. Al contrario riteniamo che sia necessario favorire l’accesso dei giovani alla professione al fine di garantire una maggiore concorrenza.
A tal proposito ci sembra opportuno ricordare come una maggiore concorrenza non comporti soltanto una riduzione dei costi per i clienti, e di conseguenza per tutti i cittadini, ma altresì un miglioramento complessivo della qualità dei servizi offerti agli stessi. Tale apertura alla concorrenza sarebbe d’altronde coerente con lo spirito della riforma.
Per quanto riguarda le singole disposizioni contenute nel titolo IV, in particolar modo non possiamo non esprimere le nostre perplessità su quanto disposto dall’art. 43 della riforma nel quale viene indicato che il tirocinio debba consistere altresì nella “frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalle legge.”
A tal proposito, riteniamo poco opportuna la previsione di corsi di formazione obbligatoria innanzitutto per il fondato timore che tali corsi comportino degli oneri finanziari notevoli a carico dei tirocinanti ed altresì perché tali corsi rischiano di snaturare il periodo di tirocinio incidendo negativamente sul tempo che il praticante può trascorrere in studio e in udienza ed altresì, che spesso svolgono la loro attività a titolo totalmente gratuito.
Non comprendiamo allo stesso tempo le motivazioni che hanno portato allo stralcio dal disegno di legge in esame, della disposizione secondo la quale “l’Esame di Stato si svolge con periodicità semestrale” disposizione che appare quantomeno opportuna in relazione alla riduzione della durata del periodo di pratica a 18 mesi.
La Camera ha giustificato lo stralcio come a causa di una mancanza della copertura finanziaria necessaria per poter prevedere un doppio esame annuale (così come avviene per i dottori commercialisti). Ebbene, allora perché una volta che il candidato ha passato la prova scritta deve sostenerla nuovamente nel caso in cui non superi la prova orale? Non è un enorme dispendio di risorse economiche chiedere al candidato che ha superato la prova scritta di sostenerla nuovamente? La nostra proposta è quella di permettere ai candidati che hanno superato con esito positivo la prova scritta di non dover risostenerla nuovamente, per un periodo di 3 anni, in modo tale da diminuire il numero delle persone che ogni anno sostengono la prova scritta e da rendere più veloci anche i tempi di correzione ed i costi sostenuti dallo Stato per l’organizzazione dell’Esame di Stato.
In subordine è in ogni caso opportuno che il testo della riforma indichi esplicitamente la cadenza periodica, semestrale o annuale, delle sessioni di esami.
Incomprensibile è altresì la previsione contenuta nel comma 7 dell’art 46 secondo la quale “le prove scritte si dovranno svolgere con i solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali” in quanto la redazione di un parere motivato non può prescindere da una puntuale citazione dei precedenti giurisprudenziali. La preclusione contenuta nel comma 7 avrebbe di conseguenza un duplice effetto negativo: da un lato costringerebbe i tirocinanti a sottrarre tempo alla pratica per dedicarlo ad uno studio mnemonico della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, dall’altro avrebbe come inevitabile conseguenza quella di rendere impossibile il superamento dell’esame di abilitazione anche a brillanti laureati che hanno concluso con profitto il periodo di tirocinio.
Inoltre ci sembra opportuno sottolineare che chiedere ad un candidato di redigere un parere motivato senza il codice annotato con la giurisprudenza sarebbe come chiedere ad un chirurgo di “operare senza ferri”. La bravura di un giurista non sta solo nel trovare la norma adatta al caso concreto, sia esso da applicare al parere o atto giudiziario, ma nell’argomentare in maniera semplice, discorsiva e convincente, ancorandosi ad una giurisprudenza di legittimità recente, impossibile da sapere a memoria vista la vastità delle discipline oggetto di esame. Per far questo l’esaminando deve anche saper maneggiare i codici e la giurisprudenza più favorevole, soprattutto nella redazione di un parere dove gli orientamenti più recenti fanno la differenza.
Vogliamo altresì rilevare come il comma 3, dell’art. 46, inoltre preveda l’obbligatorietà per la prova orale di: ordinamento e deontologia forense, delle due materie sostanziali (civile e penale), delle due procedure, oltre ad altre due materie a scelta, senza tenere del conto del fatto che il tirocinante ha svolto il proprio tirocinio presso un professionista che spesso possiede una specializzazione per materie ben definite.
Complessivamente in riferimento alle disposizioni contenute nell’art. 46 del testo approvato dalla Camera, ci sembra opportuno che l’esame di abilitazione conservi le attuali modalità di svolgimento.
Allo stesso tempo desta in noi notevoli perplessità l’art. 21 comma 8 e 9 del testo approvato dalla Camera, nella parte in cui prevede che “l’iscrizione agli albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa Forense” e demanda ad un successivo regolamento della Cassa Forense la predisposizione di eventuali agevolazioni ed esenzioni.
A tal proposito ci preme rilevare come sia assolutamente necessario che sia la legge a regolamentare le agevolazioni per i giovani avvocati, e precisamente ci sembra opportuno che il testo di riforma venga emendato con l’aggiunta della disposizione secondo la quale “per i primi due anni i giovani avvocati siano esentati dal versamento di qualsiasi tipo di contributo alla Cassa Forense.
Infine, prevedendo l’obiezione secondo la quale le modifiche da noi proposte non possono essere accolte in quanto la modifica del testo approvato dalla Camera comporterebbe un ampliamento dei tempi necessari all’approvazione definitiva della Riforma, ci preme sottolineare come il disegno di legge approvato dalla Camera vada necessariamente modificato nella parte in cui prevede, all’art. 51, l’istituzione dei consigli distrettuali di disciplina che possono essere considerati alla stregua di veri e propri giudici speciali, la cui istituzione è vietata espressamente dalla nostra Carta Costituzionale.
Alla luce di quanto esposto in questa nostra riflessione chiediamo che la Commissione proceda ad emendare il testo approvato dalla Camera, secondo quanto da noi suggerito, al fine di rendere la disciplina dell’accesso alla professione forense coerente con la volontà di liberalizzare la professione ed allo stesso tempo al fine di favorire l’ingresso dei giovani alla professione in linea con quanto accade negli altri paesi europei. A tal proposito ci sembra opportuno sottolineare come il fatto che nel nostro Paese ci siano troppi Avvocati rispetto ad altri paesi europei, non dipende assolutamente dalle norme relative all’abilitazione ma piuttosto dai limiti del nostro sistema formativo ed universitario, questo si, meritevole di una urgente riforma. Agatino Lanzafame Erio Buceti Marco Cuttone Presidente Ass. Archè Capogruppo al CNSU Presidente Ass. Nike Studenti per la Libertà
Domenico Paternoster Rapprsentante al CUNStudenti per la Libertà
Angela Fiorella Maria Chiara RaimondiPromotori del Gruppo NO alla RIFORMA FORENSE
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