di Francesco Scolamiero. Una delle tante storielle che politici e giornalisti ci raccontano è quella delle 'riforme indispensabili' per attirare gli investitori stranieri. Non c'è una puntata dei vari talk-show dove questo mantra viene riproposto almeno una volta. Ora che siamo in un periodo pre-elettorale viene ripetuto con ancora più frequenza. Prima precisazione, è vero che la burocrazia, la corruzione dilagante, lo stato della giustizia e il livello di tassazione sono limiti notevoli per chi vuole fare impresa, ma questo non vale solo per gli stranieri vale anche e soprattutto per gli italiani. Molte volte mi è capitato che giovani amici mi chiedessero, in qualità di commercialista, cosa dovessero fare per aprire un'impresa. Al decimo punto dello sterminato elenco di adempimenti necessari si arrendevano. Questo è il punto fondamentale, semplificare serve a tutti non agli imprenditori stranieri. Tra l'altro c'è da sfatare anche un altro tabù, gli investitori stranieri, pur con tutti i limiti che abbiamo visto sopra, se fiutano un buon affare ci si buttano lo stesso. E' di questi giorni l'interessamento del finanziere egiziano Sawiris, ex proprietario della Wind, per Telecom Italia. L'ex-monopolista quindi, pur caricato da un indebitamento finanziario notevole, è ancora un boccone appetibile. Un altro boccone appetibile è Ansaldo Energia, che vogliono un po' tutti. Inoltre se mettessimo sul mercato Eni, Enel, pezzi di Finmeccanica ci sarebbe la fila. Per non parlare delle nostre banche più importanti a rischio scalata e a cascata anche il gioiello Generali. La stessa Volkswagen comprerebbe volentieri Alfa Romeo. Detto questo, perché invece non ci sono offerte per l'Alcoa, per le miniere del Sulcis? Non ci sono non per i limiti burocratici-fiscali che abbiamo detto sopra, ma perché oramai questo tipo di business si fa da un'altra parte. Non è con la contrazione dei salari e più in generale delle condizioni dei lavoratori che si sfida il mercato (...vero Marchionne!?) ma con le idee, i progetti e l'innovazione. Quindi se dobbiamo fare delle riforme dobbiamo farle soprattutto per noi, accompagnandole con una seria politica industriale e un'idea di che tipo di struttura socio-economico-industriale vogliamo per il nostro Paese. E non pensare alle riforme solo per attirare una nuova orda di 'lanzichenecchi'.
Magazine Politica Italia
Riforme: prima pensiamo a noi, poi agli investitori stranieri!
Creato il 15 novembre 2012 da Freeskipper
di Francesco Scolamiero. Una delle tante storielle che politici e giornalisti ci raccontano è quella delle 'riforme indispensabili' per attirare gli investitori stranieri. Non c'è una puntata dei vari talk-show dove questo mantra viene riproposto almeno una volta. Ora che siamo in un periodo pre-elettorale viene ripetuto con ancora più frequenza. Prima precisazione, è vero che la burocrazia, la corruzione dilagante, lo stato della giustizia e il livello di tassazione sono limiti notevoli per chi vuole fare impresa, ma questo non vale solo per gli stranieri vale anche e soprattutto per gli italiani. Molte volte mi è capitato che giovani amici mi chiedessero, in qualità di commercialista, cosa dovessero fare per aprire un'impresa. Al decimo punto dello sterminato elenco di adempimenti necessari si arrendevano. Questo è il punto fondamentale, semplificare serve a tutti non agli imprenditori stranieri. Tra l'altro c'è da sfatare anche un altro tabù, gli investitori stranieri, pur con tutti i limiti che abbiamo visto sopra, se fiutano un buon affare ci si buttano lo stesso. E' di questi giorni l'interessamento del finanziere egiziano Sawiris, ex proprietario della Wind, per Telecom Italia. L'ex-monopolista quindi, pur caricato da un indebitamento finanziario notevole, è ancora un boccone appetibile. Un altro boccone appetibile è Ansaldo Energia, che vogliono un po' tutti. Inoltre se mettessimo sul mercato Eni, Enel, pezzi di Finmeccanica ci sarebbe la fila. Per non parlare delle nostre banche più importanti a rischio scalata e a cascata anche il gioiello Generali. La stessa Volkswagen comprerebbe volentieri Alfa Romeo. Detto questo, perché invece non ci sono offerte per l'Alcoa, per le miniere del Sulcis? Non ci sono non per i limiti burocratici-fiscali che abbiamo detto sopra, ma perché oramai questo tipo di business si fa da un'altra parte. Non è con la contrazione dei salari e più in generale delle condizioni dei lavoratori che si sfida il mercato (...vero Marchionne!?) ma con le idee, i progetti e l'innovazione. Quindi se dobbiamo fare delle riforme dobbiamo farle soprattutto per noi, accompagnandole con una seria politica industriale e un'idea di che tipo di struttura socio-economico-industriale vogliamo per il nostro Paese. E non pensare alle riforme solo per attirare una nuova orda di 'lanzichenecchi'.
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