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Riformismo 2.0

Creato il 04 aprile 2014 da Canicattivi @CaniCatTweet

matteo renziE’ da almeno trent’anni che sentiamo la parola “riformare” e sono altrettanti anni che ci piovono addosso rane, per non dire qualcos’altro.

Per definizione, il verbo “riformare” dovrebbe essere sinonimo di “migliorare”, almeno che non si tratti dell’inganno “Gattopardiano” in cui, come recita la ben nota frase, tutto si cambia per non cambiare nulla. Se non altro, i gattopardiani, pur nella loro volontà di preservare il loro potere, conservavano un certo pudore, lasciando le cose com’erano, mentre i riformisti degli ultimi trent’anni sono ben altro che Gattopardiani. Infatti, loro riescono persino a peggiorare quel che negli anni addietro è stato già peggiorato (le riforme delle riforme), pur vantandosi di essere riformisti, e stigmatizzando come “conservatore” chi non riesce a percepire nulla di buono nelle loro riforme. Rispetto a loro però, un conservatore almeno avrebbe il pregio, o la saggezza, di non rovinare, o distruggere, quel poco di buon che del passato è rimasto o è stato fatto. Tra questa saggezza si annovererebbe per esempio, la difesa della nostra costituzione, ma come si sa, i riformisti vogliono mettere le mani anche su questa. Tant’è che anche voler preservare i principi basilari sanciti dalla nostra costituzione, oppure i principi di democrazia, vecchi di secoli, quali l’equilibrio dei poteri, a dire dei riformisti, rappresenterebbero un disvalore, o delle chimere inseguite da cocciuti conservatori che resistono al cambiamento.

Per evitare di incorrere in questi paradossi, bisognerebbe che chi di fronte al popolo si autoproclama, o auto-incorona, come l’ennesimo “riformista”, almeno avesse quel briciolo di coscienza e “intelligenza” che gli permette di rendersi conto degli effetti nefasti provocati dalle loro riforme e, quindi, di fermarsi in tempo prima di recare danno. Ma visti i risultati trentennali, queste due qualità nei riformisti nostrani scarseggiano e come si sa, l’incoscienza, unita alla stoltezza, aggrava ulteriormente il danno.

Purtroppo, il danno non finisce qui. Insieme all’incoscienza e alla stoltezza, un’altra dote che caratterizza i nostri riformisti, sopratutto di ultima leva, è il “decisionismo”, che nella sua connotazione più rampante e prepotente (vedi Renzi) spinge verso una concezione di “governabilità” antidemocratica (e anche a-democratica) in cui non è previsto alcun grado di “accountability”. Infatti, per loro questo controllo di ordinaria democrazia, da parte di un popolo non passivo, ma attivo partecipante, sarebbe solo un intralcio alla “governance”. In altri termini, rendere conto delle proprie azione al popolo, oppure tener conto del dissenso proveniente dalla società civile, non sono cose utili, ma rappresentano un intralcio per chi ci governa.

Da tutta questa prassi, ne consegue quella scollatura democratica tra politica e società, o se si vuole, tra politica ed etica, in cui da una parte ci sono loro, i governanti, che decidono con scarsa considerazione del dissenso, e dall’altro lato della barricata, ci siamo noi popolo, che subiamo le loro decisioni, come poveri cristi messi in croce dall’accanimento terapeutico dei riformisti.

Rispetto a questa concezione inappellabile e stolta di riformismo per noi popolo, reso ininfluente (vedi legge elettorale), in rassegnazione non resterebbe che dire: “perdonali non sanno quel che fanno”, se non fosse che si ha il vago sospetto che invece sanno benissimo quel che fanno e che dietro le loro azioni e scelte, c’è una matrice dolosa che mira alla crescente riduzione, sia degli spazi di espressione democratica, che dei diritti acquisiti, sacrificati in nome di una pseudo governabilità, o della subalternità della politica a certi poteri, che nella fattispecie, sono i veri autori, o “mandanti”, delle riforme.

Ma il danno si aggiunge alla beffa, quando i nostri riformisti, ricordandosi en passant, che dopotutto la nostra sarebbe ancora una democrazia, se pure limitata, continuano a ripeterci, in modo ossessivo, che le riforme si devono fare, perché è il popolo a chiedere il cambiamento. Quindi, se noi siamo poveri cristi messi in croce, il cerchio si chiude con loro, che come Ponzio Pilato, si auto assolvono, ingannandoci e autoingannandosi, con l’idea confortevole, ma macabra,

Che in fondo stanno solo facendo il volere del popolo.

Marcello Mozzicato


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