Ha fatto senz’altro rumore la vicenda che una settimana fa ha visto protagonista la giornalista libanese Rima Karaki coinvolta in un’animata discussione con l’avvocato islamista Hani Al Seba’i, ritenuto vicino all’integralismo islamico e alla Jihad egiziana, che la donna stava intervistando nel corso della sua trasmissione per l’emittente Memri tv, arrivando al punto di dover addirittura interrompere il collegamento.
La situazione sarebbe precipitata quando la giornalista avrebbe chiesto ad Al Seba’i quali fossero gli strumenti e gli slogan utilizzati dall’Isis per attrarre nuove reclute fra cristiani occidentali.
L’avvocato, il quale risiede attualmente a Londra come rifugiato politico, ha cominciato a divagare parlando dei movimenti rivoluzionari di sinistra e delle organizzazioni terroriste in Europa citando, tra l’altro, le Brigate Rosse italiane e le Armate Rosse.
La conduttrice ha allora chiesto all’intervistato di focalizzarsi sul tema centrale della sua domanda, in quanto il tempo rimasto era poco, scatenando così la furiosa reazione di Al Seba’i.
“Non mi interrompere, io rispondo come voglio”, “non risponderò ciò che vuoi tu, sono qui per servire l’idea nella quale credo”, sono state le sue pungenti affermazioni di risposta.
Rima Karaki ha allora replicato chiedendo che venisse utilizzato un maggiore rispetto nei toni e facendo notare che se lui avesse continuato con le digressioni storiche, non sarebbe rimasto molto tempo per altre domande riguardo al tema centrale dell’intervista.
Il battibecco è andato avanti ancora per qualche decina di secondi, fino alla decisione finale di Rima di tagliare il collegamento, in seguito alle ultime incomplete e offensive parole di Al Seba’i, ovvero: “Sta’ zitta, puoi decidere cosa vuoi, io faccio ciò che voglio”, “per me è sconveniente essere intervistato da te, sei una donna che…”
Le reazioni del web sono state subito virali: il video dell’intervista ha raggiungo milioni di visualizzazioni su Youtube, diffondendosi a macchia d’olio anche su Twitter e Facebook, elevando la giornalista libanese a “paladina” dell’emancipazione femminile, soprattutto nelle zone dove per una donna il mestiere di giornalista è ancora decisamente inusuale.
Nonostante la difficile condizione generale delle donne in Medio Oriente, tuttavia, non è la prima volta che una giornalista musulmana prende ferma posizione davanti a una delle tante manifestazioni delle ideologie radicali.
Ne fu un esempio il caso di Dalia Al-Aqidi, la quale nel luglio dello scorso anno decise di presentare il telegiornale con al collo un ciondolo rappresentante una croce cristiana, per promuovere la campagna che lei stessa lanciò, dal nome “We are all Christians”, a difesa delle minoranze cristiane in Iraq vittime delle azioni intimidatorie del Califfato.
In seguito al gesto di Dalia, un’altra famosa conduttrice televisiva libanese che lavora presso l’emittente LBC, Dima Sadek, andrò in onda indossando una maglietta con la lettera araba “Noon”, simbologia utilizzata nel Corano per descrivere i Cristiani.
Dima ha poi spiegato che il suo è stato un simbolico gesto di solidarietà verso tutte le minoranze etniche e religiose della regione mediorientale che si trovano minacciate dall’integralismo islamico, in particolare la comunità yazida attualmente bersaglio di un vero e proprio genocidio, specificando di aver preso ispirazione proprio dall’iniziativa della collega Dalia Al-Aqidi.
Il caso di Rima Karaki sembra l’ennesima dimostrazione di come l’informazione, attraverso solidarietà, determinazione e coraggio, sia la migliore arma contro l’insediamento di ideologie pericolose di stampo estremista, di qualsiasi natura esse siano.
Il significato di questi gesti è amplificato in quanto non siamo solo in presenza di giornaliste donne che prendono apertamente le distanze dall’Islam radicale laddove questo è più attivo, ma ci troviamo davanti a donne pubblicamente e dichiaratamente musulmane, e ne una dimostrazione il velo indossato da Rima stessa durante la trasmissione, il che non fa che sottolineare come l’uguaglianza e il rispetto siano possibili indipendentemente dal credo religioso, dal genere o dall’etnia di appartenenza, marcando ulteriormente il divario fra islam moderato e radicale.
Un vero e proprio schiaffo a chi predica intolleranza e oppressione, da qualunque pulpito.
Grazie a Rima, Dalia, Dima, e a tutti coloro che, giornalisti e non, uomini e donne, cristiani e musulmani, occidentali ed orientali, decideranno di seguire il loro esempio nella lotta all’integralismo.